Oggi sono 30 anni dall’uccisione del giudice Rosario Livatino, e sono tante le manifestazioni che si terranno a Palermo per commemorarlo, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il 21 settembre del 1990, il giudice Rosario Livatino aveva solo 38 anni e a bordo della sua Ford Fiesta di colore rosso, si stava recando da Canicattì dove abitava al tribunale di Agrigento.
Lungo la strada è stato avvicinato, braccato e ucciso da un commando mafioso. La sua “colpa” era quella di perseguire le cosche mafiose impedendone l’attività criminale.
Oggi saranno Roma, Canicattì, e Palermo le città della Memoria di Livatino. Per le 8,30 nella chiesa S. Cuore del suffragio a Lungotevere Prati a Roma il cardinale Gualtiero Bassetti si è tenuta una funzione religiosa per iniziativa del “Centro Studi Rosario Livatino”.
Alle 10,30 invece nella chiesa S. Domenico di Canicattì l’arcivescovo coadiutore di Agrigento monsignor Alessandro Damiano presiederà la funzione religiosa cui seguirà a mezzogiorno in contrada S. Benedetto l’omaggio floreale alla stele.
Nel pomeriggio a Palermo al Palazzo di Giustizia il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, presenzierà ad un corso di formazione decentrata per magistrati organizzato dal Csm nel Palazzo di Giustizia dal titolo “Deontologia e professionalità del magistrato. Un binomio indissolubile. In memoria di Rosario Livatino”.
“Rosario Livatino, Sostituto Procuratore della Repubblica e poi Giudice della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento, ha condotto importanti indagini contabili e bancarie sulle organizzazioni criminali operanti sul territorio e sui loro interessi economici. – ha dichiarato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ricordando Livatino -. Egli ha, tra i primi, individuato lo stretto legame tra mafia e affari, concentrando l’attenzione sui collegamenti della malavita organizzata con gruppi imprenditoriali. Consapevole del delicato ruolo del giudice in una società in evoluzione e della necessità che la magistratura sia e si mostri indipendente, egli ha svolto la sua attività con sobrietà, rigore morale, fermezza e instancabile impegno, convinto di rappresentare lo Stato nella speciale funzione di applicazione della legge”.
“Ricordare la vile uccisione di Rosario Livatino richiama la necessità di resistere alle intimidazioni della mafia opponendosi a logiche compromissorie e all’indifferenza, che minano le fondamenta dello stato di diritto” ha concluso il Capo dello Stato.
Un ricordo è stato espresso anche dal presidente delle Regione Nello Musumeci: “Rosario Livatino merita di essere onorato e ricordato anche perché rappresenta, con il suo estremo sacrificio, il simbolo della migliore gioventù di Sicilia. Quella che non è disposta a scendere a compromessi con i poteri criminali e sceglie, al contrario, di consacrare la propria vita agli ideali di Giustizia e al perseguimento del bene comune. Alla sua memoria l’omaggio del governo regionale, interprete del sentimento della Comunità isolana”.
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha invece dichiarato: “La presenza a Palermo, al Palazzo di Giustizia, del Presidente della Repubblica in occasione del 30° anniversario della uccisione di Rosario Livatino è la conferma della dimensione nazionale del contrasto alla mafia.
È anche conferma ulteriore del mutato quadro istituzionale e del cambiamento culturale, ben lontano dagli anni nei quali la mafia aveva il volto, il sostegno e la complicità di uomini delle istituzioni e di operatori economici e sociali”.
Il Centro Pio La Torre ha lanciato un appello al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella affinché venga promossa la realizzazione di una casa museo a Canicattì nell’anniversario dell’assassinio del giudice Rosario Livatino.
“Oggi fanno trent’anni che hanno barbaramente ucciso il giudice Rosario Livatino di Canicattì – scrive il presidente del centro studi, Vito Lo Monaco – Stava andando al lavoro senza scorta, i killer di mafia lo hanno inseguito e trucidato. Era un “giudice ragazzino” esempio di umiltà, modestia, onestà e impegno civile.
“Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili” scriveva, anticipando una questione morale mai veramente affrontata nel nostro Paese. Nel suo paese natale addirittura ignorata dai più” . A trent’anni dalla morte la sua casa è intatta come lui l’ha lasciata quella mattina per andare in tribunale ad Agrigento.
«Volevamo dirglielo, signor Presidente – conclude – Vogliamo ricordarlo in questi giorni di celebrazioni e passerelle che diventano odiose se non riescono a scuotere la coscienza di quanti devono la vita al giudice Rosario Livatino e a tutti quelli che si sono sacrificati in questa interminabile lotta alle mafie. Signor Presidente, aiuti la comunità degli onesti con la sua autorevolezza a creare la casa museo Giudice Rosario Livatino a Canicattì” .
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