Mafia, sequestrati beni per 2 mln a un imprenditore ragusano
La Direzione Investigativa Antimafia di Catania ha dato esecuzione a un decreto di sequestro beni per un valore di 2 milioni di euro nei confronti di un imprenditore di 47 anni, impegnato nel settore del recupero e della trasformazione di materie plastiche nella provincia di Ragusa.
Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione, che ha ritenuto sussistente la pericolosità sociale dell’indagato in quanto contiguo all’associazione mafiosa del gruppo “Dominante-Carbonaro”, operante nel territorio di Vittoria. Sotto sequestro sono finite due aziende operanti nel settore dell’abbigliamento, due auto, un motociclo, conti correnti e disponibilità bancarie.
A fine maggio dello scorso anno, l’imprenditore era stato tratto in arresto per un procedimento relativo a diversi reati di bancarotta fraudolenta mediante distrazione, attraverso i quali, con il concorso dei genitori, della moglie e delle sorelle, avrebbe posto in essere un progetto criminoso volto ad esercitare il recupero e messa in riserva di rifiuti plastici non pericolosi mediante l’uso di svariate società create ad hoc che, dopo aver accumulato enormi debiti, anche verso l’Erario, venivano svuotate dei beni aziendali e delle autorizzazioni ambientali richieste e lasciate fallire o dismesse in attesa del fallimento e sostituite da altre società comunque destinate ad avere breve vita.
La sua affiliazione al clan “Dominante-Carbonaro”, sottolineano gli investigatori, è corroborata da numerosi elementi raccolti e confluiti nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere dell’ottobre 2019 confermata dal Tribunale del riesame un mese più tardi. Da ciò era scaturita, nel gennaio 2020, una misura ablativa nei confronti del padre, che avrebbe avuto significativi rapporti con l’associazione di stampo mafioso riferibile alla “Stidda”.
L’anziano genitore si sarebbe prestato ad offrire rifugi e covi per i latitanti, mettendo a disposizione la propria casa per le riunioni tra gli esponenti della cosca mafiosa vittoriese e quelli appartenenti ad altri clan.
Numerosi collaboratori hanno inoltre chiarito come si fosse arricchito utilizzando il denaro frutto delle estorsioni gestite dal gruppo “Dominante-Carbonaro” che, decimato dalle sentenze di condanna e paventando provvedimenti restrittivi, aveva affidato il proprio “capitale” a soggetti insospettabili, affinché lo reinvestissero in attività economiche apparentemente lecite.
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