Visite pediatriche mai effettuate nel Messinese, nei guai una dottoressa

La guardia di finanza di Sant’Agata di Militello hanno notificato un decreto di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio per dieci mesi a un chirurgo pediatrico, una donna di cinquantanove anni, con contratto di convenzione a tempo indeterminato con l’azienda sanitaria provinciale di Messina.

Il provvedimento è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Patti, Eugenio Aliquò, su richiesta del sostituto procuratore Maria Milia nell’ambito di un procedimento penale per truffa ai danni del servizio sanitario, instaurato per condotte di assenteismo.

Le fiamme gialle hanno contestualmente proceduto al sequestro preventivo diretto e per equivalente di tre beni immobili e di un veicolo di grossa cilindrata per un importo di 190.000 euro, pari al danno cagionato all’ente pubblico.

L’attività investigativa, durata diversi mesi, era scaturita da elementi informativi in base ai quali vi sarebbero state delle irregolarità presso alcuni poliambulatori della zona nebroidea. Gli investigatori hanno focalizzato la loro attenzione sulla posizione del medico specialista in chirurgia pediatrica che evidenziava diverse anomalie.

Operava in cinque ambulatori

L’incarico prevedeva lo svolgimento di attività ambulatoriale in cinque poliambulatori della fascia tirrenica della provincia messinese, S. Agata di Militello, Capo d’Orlando, S. Stefano di Camastra, Mistretta e Tortorici, secondo un calendario stilato dall’azienda sanitaria, per trenta ore settimanali.

Dalle indagini sarebbe emerso che la dottoressa per ben tre anni, dal 2013 al 2015, pur risultando “sulla carta” presente per alcune ore al giorno nei predetti poliambulatori, di fatto non si sarebbe presentata sui luoghi di lavoro.

Per giustificare le proprie assenze con i responsabili di tali strutture la stessa era riuscita a ideare un’attività di prevenzione da svolgersi presso le scuole primarie della provincia, mediante l’esecuzione di visite mediche a cui sottoporre gli alunni in età pediatrica. L’indagata preavvisava che non sarebbe stata presente presso il poliambulatorio di turno, in quanto aveva programmato delle attività presso gli istituti scolastici.

Gli accertamenti eseguiti dai finanzieri dipendenti dal comando provinciale di Messina avrebbero permesso di rilevare che le visite presso gli istituti scolastici non sarebbero mai state effettuate, pur avendo la dottoressa falsamente rendicontato all’ente sanitario quasi milletrecento visite mediche, a cui garantiva di aver sottoposto altrettanti studenti.

I colleghi non l’avevano mai vista

L’attività di indagine si è sviluppata mediante sopralluoghi, acquisizione di documenti e numerose testimonianze. In alcune occasioni, i finanzieri della tenenza di Sant’Agata, fingendosi potenziali pazienti interessati a una visita a cui sottoporre un congiunto in età pediatrica, hanno accertato che il medico assenteista non era nemmeno conosciuto dal personale in servizio presso i poliambulatori.

L’attività delle fiamme gialle è stata poi estesa alla documentazione contabile e amministrativa, il cui esito ha permesso di appurare che la professionista compilava e sottoscriveva mensilmente dei falsi prospetti di presenza, in cui figuravano, come eseguiti regolarmente, gli orari di inizio e fine servizio.

Gli investigatori hanno anche riscontrato altri casi di irregolarità quando la professionista certificava di essere contemporaneamente presente in due comuni della provincia distanti tra loro circa cento chilometri. Tale espediente aveva consentito di poter percepire ulteriori indennità previste per le partecipazioni alle commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile.

In altre circostanze, invece, la dottoressa aveva presentato un certificato medico attestante uno stato di malattia al fine di giustificare la sua assenza dai poliambulatori, mentre risultava aver partecipato alla suddetta commissione, la cui presenza era remunerata con un ulteriore gettone di presenza.

Assenteista con lo stipendio

La dottoressa, in sostanza, per anni non si sarebbe mai presentata in servizio, continuando a percepire lo stipendio mensile corrisposto dall’azienda sanitaria, comprensivo anche dei cospicui rimborsi chilometrici, pari a oltre trentamila euro l’anno, corrisposti in virtù del fatto che la professionista avrebbe dovuto effettuare le prestazioni lontano da Messina, propria sede di lavoro e, quindi, con la finalità di rendere un migliore servizio di assistenza e cura all’utenza.

Le indagini hanno permesso d’individuare violazioni di natura penale, che vanno dalla truffa ai danni del servizio sanitario al reato di false attestazioni e certificazioni sulla presenza al lavoro di cui al Testo Unico sul pubblico impiego.