Categories: Cronaca

Strage via D’Amelio: da pentito Spatuzza nuovi elementi

di redazione

“Alla fine degli anni Novanta Cosa nostra si rese conto che la stagione delle vacche grasse era finita e che bisognava passare alla strategia del contrattacco”. Lo ha detto il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, durante la sua requisitoria all’udienza preliminare apertasi oggi nei confronti di sette imputati, accusati aver avuto un ruolo nella strage di via D’Amelio. Il capo della Dda nissena ha ripercorso le fasi delle indagini che hanno aperto un nuovo scenario sull’attentato in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, e che si sono avvalse del contributo del pentito Gaspare Spatuzza.

“Alla fine del ’91 -ha affermato Lari- iniziarono le riunioni ma in realta’ la stagione delle stragi inizio’ gia’ negli anni ottanta, frutto di un travaglio interno alla quale Cosa nostra arrivo’ dopo essere stata coinvolta in una guerra di mafia che provoco’ oltre mille morti”. Fra le vittime, ha ricordato Lari, ci furono allora anche alcuni esponenti delle istituzioni.

“Quella mattanza -ha proseguito il capo della Procura- non poteva non avere delle conseguenze. Da li’ inizio’ la reazione dello Stato e il pentitismo. Ma fu soprattutto la sentenza del maxiprocesso dell’87, a segnare per Cosa nostra la fine dell’impunita’. Cosa nostra si rese conto che la politica dei singoli omicidi non pagava piu’. Da li’ la decisione di cambiare strategia.

In queste indagini -ha aggiunto Lari- siamo stati travolti dalle dichiarazioni di Spatuzza. Abbiamo percorso un doppio binario: da un lato abbiamo fatto i conti con alcuni errori giudiziari, il che successivamente ci ha permesso di scagionare alcune persone innocenti, e dall’altro abbiamo trovato le prove su nuovi responsabili della strage”. Gli scarcerati facevano parte del mandamento di Santa Maria di Gesu’ indicato dal falso pentito Gaetano Scarantino, “mentre Spatuzza -ha sottolineato Lari- indica fra i mandanti uomini d’onore appartenenti al mandamento di Brancaccio”.

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