Strage di Pizzolungo, 30 anni a Galatolo: accusato dalla figlia

Condannato a 30 anni di carcere dal gup di Caltanissetta Vincenzo Galatolo, imputato del processo sulla strage di Pizzolungo a Trapani, l’attentato del 2 aprile 1985.

La mafia posizionò sul ciglio della strada un’autobomba per uccidere il sostituto procuratore Carlo Palermo che si stava recando al palazzo di Giustizia di Trapani a bordo di una Fiat 132 blindata, seguito da una Fiat Ritmo di scorta.

In prossimità dell’autobomba la macchina del pm fu superata da una Volkswagen Scirocco guidata da Barbara Rizzo che stava accompagnando a scuola i figli. Morirono Barbara Rizzo, di 33 anni, e i suoi gemellini di 6 anni, Salvatore e Giuseppe Asta.

La sentenza è stata emessa dal gup del Tribunale di Caltanissetta, Valentina Balbo. Il giudice ha accolto la richiesta avanzata dai pm Gabriele Paci e Pasquale Pacifico.

Vincenzo Galatolo, boss dell’Acquasanta, attualmente detenuto al 41bis, è accusato di essere uno dei mandanti della strage per la quale sono già stati celebrati tre processi.

Il primo contro gli esecutori, tutti appartenenti al clan mafioso di Alcamo, poi assolti in via definitiva dalla Cassazione, dopo una prima condanna in primo grado. Altri due processi hanno visto condannati in via definitiva i capi mafia Totò Riina e Vincenzo Virga e in un altro ancora i boss palermitani Nino Madonia e Balduccio di Maggio.

Imputato del quarto processo è Vincenzo Galatolo, accusato di essere stato il mandante dalla figlia, Giovanna. “Non appena il telegiornale diede la notizia — ha messo a verbale Giovanna Galatolo — mia madre iniziò a urlare: I bambini non si toccano. Mio padre le saltò addosso, cominciò a picchiarla, voleva dare fuoco alla casa”.

“Avevo vent’anni – ha raccontato Giovanna – a casa sentivo mio padre che diceva: ‘Quel giudice è un cornuto'”. Poi, si verificò l’attentato.

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