Come mi accorgo che è Natale? Dal commercialista che mi telefona e mi dice: “l’Imu è pronta”

Come mi accorgo che le feste sono finite? Dal canone RAI che appena due giorni dopo l’ Epifania mi ritrovo nella buca-lettere, il mio incubo fatto fessura.
Tra i tributi più infami, tra i 113 Euro a cui sono più affezionata, c’è proprio lui, il terribile Abbonamento Rai
Già dai primi di Gennaio cominciano le reclame motivazionali: “pagare il canone si DEVE!” altrimenti ti si accartoccia lo schermo davanti come in Poltergeist.
Insomma, ad ogni spot di questi cade un santo dal paradiso, causa bestemmione del contribuente vessato di turno. Io che poi uso la TV come abatjour, mi sale la carogna al solo pensiero di dover mantenere quelle facce di deretano come Insinna o Conti che elargiscono, anche a mie a spese, ricchi premi milionari a gente sconosciuta che non ha fatto nulla per meritarseli. Rai un posto in prima fila? Se mai in doppia fila, posteggiata con la macchina davanti all’Agenzia delle –lasciate ogni speranza o voi che– Entrate a cui darei fuoco.

Tuttavia la RAI rappresenta un po’ la storia della nostra Repubblica, in concomitanza dell’avvento del tubo catodico nelle case di ogni italiano.

Quando mia nonna seppe di questa magnifica invenzione  impegnò al Monte di Pietà pure la culla di mia zia per poterne  acquistare uno, tutto per indispettire di invidia le sue amiche e vicine di casa.
Quando la migliore amica di mia nonna si recò in visita a casa sua per il lieto evento, manco fosse nato un bambino, e vide quel magico cubo luminoso che una volta si accendeva con la valvola e una volta con una botta bene assestata sulla parte superiore, chiamò un suo amico fotografo per farsi immortalare davanti alla TV, come fosse un’importante opera del Louvre.
-“Scatta, scatta! Aspetta che mi sistemo i capelli, anzi passami la borsa che vengo meglio!”
La borsa, intronata, per uno scatto davanti alla tv.

Durante il festival di Sanremo invece si invitavano i parenti fino alla settima generazione e tutti gli inquilini dello stabile. La cugina Mariella metteva la pelliccia, magari per stare seduta sul pavimento del modesto soggiorno di casa.
Una volta capitò che per un Festival di Sanremo la televisione acquistata qualche giorno prima non si accese e allora mia nonna imbestialita per l’affronto e l’umiliazione, scese da casa e si recò da chi gli aveva venduto l’apparecchio costringendolo ad aprire il negozio alle 9 di sera per poter vedere lo spettacolo direttamente nel piccolo negozio di elettrodomestici. Correvano appena gli anni sessanta e c’era la cugina Mariella con la pelliccia, l’amica Giuseppina con la borsa e mia madre che pensava di essere nata in una famiglia di pazzi. Ed aveva ragione.