Pino Cuttaia, uno dei miglior chef del panorama siciliano e italiano contemporaneo, e reale custode delle tradizioni culinarie e familiari della Sicilia di un tempo, è stato il protagonista al Belmond Grand Hotel Timeo, del terzo appuntamento de “Les Etoiles de la Gastronomie”. Considerato da molti uno dei migliori chef stellati in Sicilia e in Italia, Pino Cuttaia cucina a Licata, nell’estremo sud, per scelta perché lì trova il tempo necessario per dar spazio alla creatività.
Sei incontri dedicati all’alta ristorazione, in cui Roberto Toro, Executive Chef del Timeo dal 2012, dopo aver deliziato i palati dei grandi della terra durante il G7 dello scorso maggio e in attesa di aprire la Settimana della Cucina Italiana a Washington, apre le porte della sua cucina a importanti personaggi del mondo enogastronomico italiano, in collaborazione con la maison di champagne Steinbrück.
«Quando ho iniziato la gastronomia non aveva la fama di oggi e non avevo dalla mia parte la mia famiglia: i miei genitori pensavano che il cuoco fosse un mestiere solo di sacrifici e credevano di aver quasi perso un figlio. Ma io la cucina ce l’ho sempre avuta dentro e sono andato avanti tenacemente per la mia strada».
«Da Chef ho scelto e scelgo innanzitutto la Sicilia perché credo che restare nella terra dove sono cresciuto e dove ho imparato a riconoscere gli ingredienti e i prodotti che utilizzo tutti i giorni in cucina sia un valore aggiunto. Nella mia terra ho molto di più da raccontare grazie a delle materie prime straordinarie e alle storie familiari della mia infanzia che riporto sempre nei miei piatti».
«Licata è stata una scelta: ho sempre sofferto la lontananza e ho voluto tornare nel luogo dove sono nato. Certo, Licata si trova all’estremo sud e fuori da tutte le rotte gastronomiche, ma mi piace l’idea che un ospite faccia un vero viaggio per venire a provare la mia cucina. E poi Licata è il giusto luogo per dedicare tempo a se stessi e alla riflessione necessaria per maturare le idee creative».
«Credo che un cuoco debba essere il custode dei gesti domestici che si imparano in famiglia da piccoli. Oggi si è sempre di corsa e nessuno ha più il tempo di tramandare le tradizioni di madre in figlio e questo oggi è il compito di uno Chef. Io quindi mi lascio ispirare dai ricordi che cerco di evocare e la mia tavola diventa il luogo della memoria».
«Io preferisco decisamente la sostanza. L’eccessiva spettacolarizzazione dei piatti a cui ci hanno abituati molti Chef contemporanei lascia i tempo che trova. E’ chiaro che la cucina è un modo per comunicare e anche le presentazioni belle e curate hanno il loro ruolo, ma io prediligo la semplicità. Mi considero più un artigiano che un artista».
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