Patrimoniale, cosa ne penserebbe Giulio Andreotti? In Italia nulla è…

Abbiamo provato ad immaginare con l’aiuto della nostra memoria e con un pizzico di fantasia, cosa avrebbe potuto pensare oggi Giulio Andreotti del tanto discusso tema della patrimoniale usando con quel pizzico di ironia che contraddistingue la nostra rubrica “Occhi di ieri, fatti di oggi”.

La patrimoniale, un argomento che spesso accende discussioni e dibattiti tra gli economisti, i politici e i cittadini. Se fossi ancora qui, come mi piacerebbe sedermi a un tavolo e vedere le facce perplesse dei miei colleghi mentre cerchiamo di districare questo nodo gordiano. Una tassa sul patrimonio, dicono, è necessaria per riequilibrare le disuguaglianze economiche e sociali, per far sì che i più ricchi contribuiscano in modo più equo alle casse dello Stato. Certo, chi possiede di più dovrebbe dare di più, un principio che sembra uscito direttamente dal manuale del buon senso.

Eppure, come spesso accade nelle vicende umane, la teoria e la pratica non sempre vanno a braccetto. In un paese come l’Italia, dove l’evasione fiscale è lo sport nazionale più praticato dopo il calcio, la patrimoniale rischia di essere un’arma spuntata. Immaginate, per un momento, il nostro caro Stato italiano che cerca di tassare il patrimonio nascosto nei meandri delle ville toscane, nei conti cifrati delle banche svizzere, o nei lussuosi appartamenti a Montecarlo. Un’impresa che richiede non solo coraggio, ma anche una certa dose di ottimismo.

Non dimentichiamo poi l’effetto psicologico su chi dovrebbe pagare questa tassa. Il cittadino medio, già provato da mille balzelli e dalla burocrazia asfissiante, potrebbe vedere la patrimoniale come l’ennesima ingiustizia, un’ulteriore spremitura di un limone ormai secco. E chi ha davvero grandi patrimoni? Questi ultimi, spesso, hanno le risorse e le conoscenze per eludere con astuzia le nuove imposte, lasciando che il peso ricada su chi, pur avendo qualcosa, non ha abbastanza per proteggersi dai rigori fiscali.

Tuttavia, nonostante tutte le difficoltà, non possiamo negare che una corretta applicazione della patrimoniale potrebbe portare benefici significativi. Ridurre il debito pubblico, migliorare i servizi essenziali, finanziare politiche sociali più eque. Ma per fare questo, serve una volontà politica ferma, unita a una macchina amministrativa efficiente e, diciamolo, una buona dose di fortuna. La realtà, spesso, è molto più complicata dei nostri sogni di giustizia fiscale.

Ah, se solo potessimo risolvere tutto con una battuta, come quando si parlava della Democrazia Cristiana e si diceva che era come il prezzemolo: ovunque lo metti, sta sempre bene. Forse, con un po’ di ingegno e pragmatismo, potremmo trovare un modo per far funzionare anche la patrimoniale. Dopo tutto, in Italia, nulla è impossibile. Basta crederci, o perlomeno far finta di crederci, mentre sorseggiamo un buon caffè e attendiamo che la tempesta passi.

È bene ricordare che questo articolo è frutto solo della fantasia dell’autore e non rispecchia fedelmente quello che avrebbe potuto pensare Giulio Andreotti.

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