Missili sul Donetsk, strage di civili: 15 morti e 27 dispersi
KIEV (ITALPRESS) – L’ennesima strage di civili. Il Donbass rimane l’epicentro del conflitto e dopo la conquista di tutto il Lugansk da parte di Mosca, il fuoco si è spostato qualche decina di chilometri più a ovest, in quella provincia di Donetsk che resiste e che in buona parte è ancora controllata da Kiev. A farne le spese, oggi, sono state almeno 15 persone, uccise a Chasiv Yar da un missile russo che ha centrato in pieno un edificio residenziale. Per tutta la giornata i soccorritori hanno continuato a scavare: i dispersi sarebbero 27 ed il bilancio è destinato ad aggravarsi.
E’ questo il nuovo fronte caldo: dopo la caduta di Severodonetsk e Lysychansk, i due grandi obiettivi del Cremlino sono diventati Sloviansk e Kramatorsk, le due città principali di quest’area, che si trovano una trentina di chilometri più a nord. Per conquistare i due capoluoghi, che insieme, prima della guerra, contavano più di 250 mila abitanti, le forze di Mosca stanno attaccando da due direttrici: da sud, grazie all’appoggio dell’esercito delle due autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, e da settentrione sfruttando l’avamposto di Izium, conquistato da Mosca già nei mesi scorsi.
Ma secondo l’Istituto americano per lo studio della guerra (Isw) le mire di Putin si estenderebbero a tutta l’area russofona e comprenderebbero anche Kharkiv, la seconda città ucraina, dove ormai da tre settimane i bombardamenti sono di nuovo costanti e la situazione sempre più pericolosa.
Mentre in Donbass l’avanzata russa prosegue anche se lentamente, l’esercito ucraino sembra rialzare la testa nella zona di Kherson, nel sud del Paese, dove un’intera unità militare nemica è stata colpita. L’atto è stato rivendicato da Kiev, che in quest’area ha accresciuto il proprio arsenale e punta a riprendersi i territori annessi da Mosca all’inizio del conflitto.
Ma la guerra in Ucraina, ormai da mesi, preoccupa le cancellerie internazionali anche sotto il profilo energetico ed è di queste ore l’allarme lanciato pubblicamente dai governi francese e tedesco. Più esplicito il ministro delle finanze di Parigi, Bruno Le Maire, secondo il quale, in un futuro nemmeno tanto remoto, la Russia potrebbe interrompere del tutto le forniture. “Prepariamoci per un taglio del gas. Oggi è lo scenario più probabile”. Non troppo dissimile l’intervento del ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, che ha parlato di uno “scenario da incubo”. “Tutto è possibile, tutto può succedere. E’ possibile che fluisca di nuovo più gas, anche più di prima. Ma può anche succedere che non arrivi proprio niente”.
In questo scenario di estrema incertezza Kiev ha silurato il proprio ambasciatore a Berlino, Andryi Melnyk: potrebbe essere la reazione all’ostruzionismo tedesco nei confronti dei nove miliardi di aiuti promessi dall’Unione Europea all’Ucraina ma in stand by da oltre un mese.
Secondo Zelensky a causa della Germania, che più volte, specie a inizio conflitto, si è dimostrata piuttosto tiepida nei confronti di Kiev, che oggi se l’è presa anche con il Canada. Il governo di Ottawa, dopo averla riparata, rispedirà a Berlino una turbina per il funzionamento del gasdotto North Stream 1, che dalla Russia rifornisce il Paese tedesco. Per gli ucraini la decisione viola l’embargo verso Mosca ma secondo i canadesi la riconsegna contribuirà alla “capacità dell’Europa di accedere a un’energia affidabile e conveniente mentre la stessa Europa si allontana dal petrolio e dal gas russi”.
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