La mafia dell‘89. Contorno, lettere dal Corvo, l’attentato all’Addaura

Mafia. La commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie ha pubblicato in questi giorni nuovi documenti riguardanti gli atti relativi ad alcune audizioni svolte dalla Commissione di inchiesta Antimafia durante la X legislatura.

In particolare, si tratta di resoconti stenografici di sedute plenarie già pubblicate negli atti parlamentari della X legislatura. Rappresenta invece un inedito, oggi declassificato, il resoconto stenografico dell’incontro di un gruppo di lavoro della Commissione, presso una scuola di Polizia di Roma, con Totuccio Contorno, ritornato dall’America, con il Vicequestore e Capo del nucleo anticrimine della Criminalpol Gianni De Gennaro e con il capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera.

Tutti i documenti sono utili a ricostruire il periodo storico relativo al primo attentato al giudice Falcone, quando ancora gli inquirenti stanno indagando per cercare di fare luce sul ritrovamento del borsone vicino la villa dell’Addaura.

Dalle sedute plenarie con Domenico Sica, l’alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa, escono fuori soprattutto due aspetti. Il primo che vede la mafia come protagonista nazionale, sottolineando quindi l’aspetto tipicamente interno, tutto italiano, soprattutto in relazione a quelli, che saranno definiti, delitti senza vittime.

L’altro aspetto riguarda l’arricchimento derivante dalla vendita delle droghe, che assunse, col tempo, una tendenza internazionale, caratterizzando la criminalità mafiosa tipicamente italiana. “D’altra parte, per rendersi conto delle dimensioni del traffico è sufficiente ricordare sommariamente i dati che ci riguardano direttamente. È stato stimato – e si tratta di una stima prudente fondata su dati statistici ufficiali del tutto attendibili – che il Italia gli assuntori abituali di eroina sono circa 300 mila. Considerato che il consumo minimo sia in media 0,20 grammi pro capite giornalieri, il consumo complessivo ammonta a circa 22 tonnellate annue, equivalente ad un valore di circa 45 mila miliardi di lire. E ciò senza considerare il consumo di cocaina e i derivati della cannabis indica.” Così raccontava De Sica nel luglio dell’89.

Totuccio Contorno viene tratto in arresto

Appena due mesi prima viene arrestato Totuccio Contorno che dal 1984 è collaboratore di giustizia, così come aveva fatto Tommaso Buscetta. Le sue dichiarazioni furono rese sia nell’ambito del “Maxiprocesso“, sia nelle indagini riguardanti la cosiddetta “Pizza Connection“.

Per questo motivo fu sottoposto a programma di protezione negli Stati Uniti. Ma nel novembre del 1988, Totuccio decise in gran segreto di far ritorno a Palermo. Il suo arresto, eseguito a Palermo nel maggio 1989, avvenne in un momento delicato.

La guerra di mafia continuava e Cosa nostra stava provando a riorganizzarsi. Un mese dopo ci sarà il fallito attentato al giudice Falcone. Cinquantotto candelotti di dinamite dentro un borsone rinvenuto sulla scogliera ai piedi della villa dell’Addaura del giudice.

Dal documento inedito, è possibile leggere l’interrogatorio a Contorno. Racconta il motivo del suo ritorno in Italia. “Comincio dagli Stati Uniti. Lì mi veniva dato uno stipendio mensile di 1.300 dollari, ma dal mese di ottobre questo contributo mi sarebbe stato tolto. All’epoca abitavo in un appartamento dove pagavo 550 dollari al mese e quando mi è stato comunicato che non avrei più ricevuto il mensile ho deciso di lasciare l’appartamento, perché non avrei avuto i soldi per continuare a pagarlo, e venire in Italia. In America avevo persino trovato un lavoro in un mattatoio, ma dopo cinque giorni sono stato costretto a lasciarlo a causa di una artrosi cervicale. Quindi non potevo lavorare, non ricevevo più il contributo dallo Stato, non avevo più soldi per vivere e per pagare l’appartamento, a quel punto o andavo a rubare o chiedevo beneficenza allo Stato visto che mi ero dissociato dalla mafia. Invece devo dire che mi sono trovato peggio che con la mafia (…)Mi trovo in carcere con l’accusa di associazione a delinquere. A questo punto mi domando con chi mi sono associato, con lo Stato o di nuovo con la mafia?”

Le lettere anonime del Corvo e l’assassinio di Agostino

Questa stagione storica è passata alla storia anche per le missive anonime recapitate a giudici e giornalisti, le famose lettere del “Corvo”, che contenevano accuse nei confronti di vari magistrati e poliziotti, tra cui lo stesso Falcone e Giovanni De Gennaro.

Venivano accusati di avere ordito un piano per contrastare la fazione corleonese di Cosa nostra attraverso il ritorno in Sicilia di Salvatore Contorno favorendo la cattura di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. Il 5 agosto, il giorno dopo l’interrogatorio a Contorno di cui si è riportato uno stralcio, la vicenda più drammatica.

Antonino Agostino e la giovane moglie Ida Castelluccio, incinta di cinque mesi, davanti alla villa di famiglia per partecipare al compleanno della sorella di Nino vengono trivellati di colpi da due sicari in motocicletta. Nino Agostino avrebbe avuto un ruolo importante nello sventare l’attentato a Falcone presso la villa all’Addaura il 21 giugno 1989. Vincenzo Agostino, il padre di Antonino, da quel giorno non si è più tagliato la barba come forma di protesta contro l’occultamento della verità sulla morte del figlio e della nuora.