Lotta alla mafia, carabinieri ricordano il maresciallo Vito Ievolelli
Domenica 10 settembre a Palermo è stato celebrato il 36° anniversario dell’omicidio del maresciallo dei carabinieri Vito Ievolella.
In Piazza Principe di Camporeale è stata deposta una corona d’alloro sulla lapide dedicata al caduto e poi è stata celebrata la Santa Messa nella chiesa di Santa Maria Maddalena sita all’interno della Caserma “Carlo Alberto Dalla Chiesa”, sede del Comando Legione Carabinieri Sicilia.
Il 10 settembre del 1981 alle 20:30 circa, il Maresciallo Ievolella era in compagnia della moglie Iolanda a bordo della loro Fiat 128 in via Serradifalco.
Stavano aspettando che la figlia Lucia Assunta, allora ventenne, che uscisse dalla scuola guida dove frequentava un corso per il conseguimento della patente.
All’agguato parteciparono quattro killer armati di pistole calibro 7,65 e fucili caricati a pallettoni che, giunti a bordo di una Fiat Ritmo, risultata poi rubata, scesero dall’autovettura e fecero fuoco in direzione del militare. La moglie riportò una leggera ferita alla regione sopraccigliare destra.
Il mezzo usato dai killer fu dato alle fiamme e quindi abbandonato in via Caruso dove fu ritrovato dai Carabinieri.
Rapporto “Savoca più quarantotto”
La causa della sua morte va ricercata in un’indagine, svolta nel 1980 e finita con un rapporto “esplosivo” dal titolo “Savoca più quarantaquattro”, all’interno del quale erano individuate le gravi responsabilità e i loschi affari di personaggi di spicco della mafia dell’epoca, tra cui la famiglia Spataro.
Il Maresciallo Ievolella era molto noto negli ambienti investigativi dell’Arma e tra i Magistrati per le sue capacità professionali, per l’impegno investigativo e per la determinazione nel fare luce tanto sul delitto comune quanto su quello mafioso.
Il valore e l’impegno nell’attività investigativa gli erano valsi sette encomi solenni e quattordici lettere di apprezzamento del Comandante Generale dell’Arma.
Medaglia d’oro al valore civile
Al Maresciallo Ievolella, il Capo dello Stato concedeva la Medaglia d’Oro al Valore Civile con la seguente motivazione:
“Addetto a Nucleo Operativo di Gruppo, pur consapevole dei rischi a cui si esponeva, si impegnava con infaticabile slancio ed assoluta dedizione al dovere in prolungate e difficili indagini – rese ancora più ardue dall’ambiente caratterizzato da tradizionale omertà – che portavano all’arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile agguato tesogli da quattro malfattori, immolava la vita ai più nobili ideali di giustizia e di grande eroismo”.