Le piogge trasformano l’Italia in un grande bacino idrico inutilizzato
ROMA (ITALPRESS) – Da Nord a Sud le intense precipitazioni del periodo hanno creato un omogeneo quadro di ripresa idrica con locali criticità idrogeologiche. Più evidente è la situazione nell’Italia centro-meridionale, dove si registrano eclatanti differenze rispetto alle medie del periodo. Lo evidenzia l’Osservatorio sulle Risorse Idriche realizzato dall’Anbi (Associazione Nazionale Consorsi Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue).
In Toscana, i fiumi Serchio, Sieve ed Ombrone registrano portate almeno doppie a confronto con gli anni recenti, ma è l’Arno a raggiungere la performance più clamorosa con 565,6 metri cubi al secondo contro una portata media di mc/sec 62,88 (l’anno scorso era mc/sec 51,1). Stesso andamento si registra per i fiumi delle Marche (Esino, Nera, Tronto, Potenza, Sentino) così come per il Tevere che, nel Lazio, ha un’altezza idrometrica doppia rispetto agli anni recenti; nella stessa regione, portate eccezionali per i fiumi Liri-Garigliano e Sacco, mentre il lago di Bracciano registra il miglior dato dello scorso quinquennio e quello di Elvella ha raggiunto quasi il colmo.
I principali fiumi campani (Garigliano, Volturno, Sele) sono superiori alla media del quadriennio 2017-2020, mentre è in lieve aumento il lago di Conza della Campania e continuano a crescere, seppur di poco, gli invasi del Cilento.
In Abruzzo, le piogge hanno premiato soprattutto le zone interne, con l’invaso di Penne che ha superato i 4 milioni di metri cubi d’acqua, cioè circa un terzo in più del 2019 ed oltre il doppio del 2018.
Continua la ripresa dei bacini di Basilicata (contengono ormai oltre 108 milioni di metri cubi d’acqua in più del 2020) e Puglia (+50,82 milioni di metri cubi sull’anno scorso).
Ottime le performance dei bacini calabresi di Sant’Anna sul fiume Tacina e Monte Marello sul fiume Angitola, mentre i bacini sardi, pur in ripresa, segnano un 7% in meno nella percentuale di riempimento rispetto a 12 mesi fa.
Permane invece molto preoccupante la situazione degli invasi della Sicilia che, a differenza delle altre regioni del Sud, continuano a registrare un deficit di quasi 200 milioni di metri cubi rispetto ad un anno fa.
Al Nord pericolose impennate di portata hanno registrato i fiumi liguri (Entella, Magra e Vara), così come quelli dell’Emilia Romagna, dove si è dovuto ricorrere alle casse di espansione per contenere le piene dei fiumi Parma ed Enza, che però solo una settimana fa aveva toccato il minimo storico; largamente sopra media anche gli altri principali corsi d’acqua della regione (Secchia, Taro, Reno, Savio, Trebbia).
La portata del fiume Po, a Pontelagoscuro, si è incrementata del 50% in una settimana, segnando +37% sulla media del periodo.
Anche nel Veneto, dove i fiumi (Adige, Bacchiglione, Piave, Livenza, Brenta) segnano il record di portata del recente quinquennio, così come l’Adda in Lombardia.
Idem in Piemonte tranne che per la Dora Baltea in decrescita; livelli in aumento anche per i grandi laghi del Nord (Maggiore, Garda, Como ed Iseo), tutti sopra la media storica.
“Quanto registrato in questi giorni, con alcune esondazioni locali, è l’ennesimo segnale di allarme su un territorio idrogeologicamente fragile, la cui condizione è aggravata da cementificazione e cambiamenti climatici; ogni anno – ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi -. L’Italia spende mediamente 3 miliardi e mezzo di euro all’anno per riparare i danni da frane ed alluvioni, senza considerare l’incommensurabile costo in vite umane. Anche in questo, il Recovery Plan è un’opportunità per voltare pagina”.
“Non solo – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi -, ancora una volta gli eventi meteo stanno dimostrando la funzione fondamentale, svolta dai bacini a tutela dei centri abitati; nel Piano Nazionale di Efficientamento della Rete Idraulica ne proponiamo la realizzazione, con progetti già definitivi ed esecutivi, di ulteriori 23, il completamento di altri 16 e la manutenzione di ulteriori 90; con meno di 2 miliardi di euro si attiverebbero quasi 10.000 posti di lavoro, senza considerare l’indotto derivante da una migliore sicurezza idrogeologica. Dalla politica attendiamo risposte”.