Lampedusa, 4 ott. – Centoundici corpi ritrovati, la met’ sarebbero donne. Oltre 150 persone tratte in salvo, mentre sarebbero ancora un centinaio i cadaveri in fondo al mare. Sono questi i drammatici numeri del bilancio, ancora provvisorio, del tragico naufragio di ieri davanti a Lampedusa.
Per recuperare le salme incastrate nel relitto affondato sono intervenuti i sub della Guardia di Finanza e dei carabinieri, ma il peggioramento delle condizioni meteo marine sta rendendo pi’ complicate le operazioni. Le motovedette con i sommozzatori a bordo restano comunque nella zona del naufragio affinch’, non appena le condizioni lo permetteranno, si possano riprendere le immersioni.
Intanto sono arrivate a Lampedusa con la nave traghetto proveniente da Porto Empedocle oltre 140 bare che serviranno per i cadaveri dei profughi. Le vittime saranno tumulate in diversi comuni dell’agrigentino.
Oggi cos’ come deciso ieri dal Consiglio dei ministri, ‘ il giorno del lutto nazionale. E Lampedusa, in segno di rispetto, ha chiuso i battenti: bar, ristoranti, perfino il benzinaio ha deciso di tenere le saracinesche abbassate. Soltanto un panificio e un piccolo market di generi alimentari sono aperti. Per il resto via Roma ‘ deserta. Chiusi i negozi di souvenir e i bar dove i turisti, ancora numerosi sull’isola si siedono per l’aperitivo o il caff’. Nel pomeriggio sar’ celebrata una messa nella chiesa madre dell’isola alla presenza del presidente della Camera Laura Boldrini. A celebrare l’omelia sar’ don Stefano Nastasi, parroco della chiesa e, con ogni probabilit’, anche il vescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro. Subito dopo alle 19, prender’ il via una fiaccolata per le vie dell’isola.
C” molta rabbia tra i lampedusani per quanto accaduto ieri. “Quelle povere persone andavano salvate -dicono in coro- non si possono fare morire pi’ di cento persone a pochi metri dalla riva. Una vergogna”. Ancora appesi nel centro della piazza gli striscioni di protesta. Su uno c” scritto: “Meno passerelle, pi’ fatti”. E su un altro “Un’isola piena di dolore che porta il peso dell’indifferenza del mondo”.
Rabbia anche tra coloro che hanno pestati i primi soccorsi. “Non riesco pi’ a dormire. Avrei potuto salvare tanta altra gente, non solo i 47 profughi che abbiamo tirato a bordo ma molti altri. Purtroppo non ‘ stato possibile perch’ gli uomini della Guardia costiera non ci hanno permesso di trasbordare sulla loro motovedetta i profughi tratti in salvo per potere continuare con il salvataggio”, si sfoga Marcello Nizza, un disoccupato catanese in vacanza a Lampedusa.
Marcello si trovava sul gozzo ‘Gamar’ di propriet’ di Vito Fiorino con altre sette persone. Dopo avere trascorso la notte in rada tra la Tabaccara e l’Isola dei Conigli, l’equipaggio ‘ stato svegliato di soprassalto dalle grida dei profughi che annaspavano in acqua e chiedevano di essere aiutati. “Con la barca ci siamo avvicinati al gommone ‘Sar’ della Guardia costiera -spiega Nizza ancora sconvolto per quanto accaduto- abbiamo chiesto di potere trasbordare sul loro mezzo i 47 profughi che erano sul nostro gozzo perch’ cos’ potevamo prenderne altri a bordo. Invece c” stato risposto che non era possibile perch’ bisogna “rispettare il protocollo”. Cos’ siamo dovuti andare direttamente al porto prt accompagnare i profughi che abbiamo salvato. Invece noi avremo voluto continuare a salvare altra gente. Il mare era pieno zeppo di uomini, donne che chiedevano disperatamente aiuto. Erano tutti con le braccia alzate al cielo. Ma noi non potevamo prendere tutti a bordo. Ho ancora negli occhi i loro sguardi disperati che ci chiedevano di aiutarli”.
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