Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Palermo, Marco Gaeta, ha rinviato a giudizio due giovani accusati di violenza sessuale di gruppo e produzione di materiale pedopornografico.
Il caso è quello di Alice Schembri, la ragazzina di 15 anni costretta a fare sesso di gruppo e filmata, che, due anni dopo, il 18 maggio del 2017, si è suicidata, lanciandosi nel vuoto dalla Rupe Atenea di Agrigento.
La prima udienza è stata fissata per il 4 dicembre davanti ai giudici della prima sezione penale presieduta da Alfonso Malato.
I genitori della ragazza, assistiti dall’avvocato Santina Nora Campo, si sono costituiti parte civile e si sono associati alla richiesta della procura di disporre il rinvio a giudizio. I difensori dei due imputati, gli avvocati Daniela Posante e Antonio Provenzani, avevano chiesto al giudice di emettere una sentenza di non luogo a procedere.
A fare luce sulla tragedia di Alice Schembri, è stato uno straziante post su Facebook, sarà adesso un dibattimento. La prima udienza è stata fissata per il 4 dicembre davanti alla Prima sezione penale. La squadra mobile, è risalita ad alcuni video che immortalavano la diciassettenne, due anni prima, mentre faceva sesso di gruppo con quattro ragazzi, di cui due all’epoca minorenni. Pure per loro è stato chiesto il rinvio a giudizio e l’udienza preliminare si terrà martedì.
Alice Schembri, prima di suicidarsi scrisse uno straziante post su Facebook: “Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte. Quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando. Ho provato a conviverci e in alcuni momenti ci riuscivo così bene che me ne fregavo, ma dimenticarlo mai”. La ragazza, sempre sui social, sosteneva: “Il mio pensiero è sempre là. Non sono una persona che molla, una persona debole, io sono prepotente, voglio cadere sempre in piedi e voglio sempre averla vinta, ma questa volta non posso lottare, perché non potrò averla vinta mai, come però non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così”.
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