LA FINE DEL MILAZZISMO, DELLO STORICO FRANCO NICASTRO
A rischio di apparire superficiali, le possibili sovrapposizioni tra l’esperienza del Milazzismo in Sicilia e la politica dei giorni nostri sembrano davvero tante. Compravendita di deputati, formule politiche inedite ed a dir poco spregiudicate, la politica vissuta nell’ottica del laboratorio sperimentale, la composizione e la scomposizione continua delle forze in campo, l’incapacità di progettare e la capacità di procedere soltanto per schemi frammentari ed assistenziali, la propensione al “conflitto di interessi”, la gestione del potere quale unico collante di “una pattuglia di uomini mediocri all’ARS”; insomma gli esempi sono numerosi e sarebbe anche relativamente agevole individuare dietro ciascuno degli esempi fatti storie, volti e personaggi della Sicilia dei giorni nostri. Ma limitarsi a questa analisi non farebbe certo onore al brillante saggio di Franco Nicastro “L’USCS in fumo, la fine del Milazzismo e dei suoi derivati” Salvatore Sciascia Editore, Collana di studi del Centro Cammarata, fondata dall’indimenticato Cataldo Naro e diretta da Massimo Naro. Ben più ariosa è invece l’analisi di Franco Nicastro, apprezzato giornalista e studioso di storia dei partiti in Sicilia, che prende letteralmente per mano il Lettore e lo accompagna attraverso gli avvenimenti di un biennio di storia siciliana, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, destinati a lasciare un segno nella storia contemporanea dell’Isola. Scrive Nicastro, “nell’ottobre del 1958 la Sicilia diventa, come altre volte durante la sua storia repubblicana, un laboratorio politico, entro cui – con coraggio miscelato a spregiudicatezza – si sperimentano confuse coalizioni ed intricate alchimie politiche”. Silvio Milazzo ed una pattuglia di deputati regionali della DC, tra cui spiccavano Francesco Pignatone e Ludovico Corrao, si ribellarono al partito di appartenenza e – costituendo un nuovo partito: L’Unione siciliana cristiano sociale – formarono un governo d’impronta sicilianistica, con la partecipazione di socialisti, monarchici e neofascisti e con il sostegno esterno dei comunisti. “L’inedita coalizione – annota Franco Nicastro – suscita grande eco. Ma anche riserve, persino oltre i confini del Paese, a causa degli allarmi destati in seno all’Alleanza atlantica da alcune spericolate iniziative ammiccanti verso il regime sovietico”.
Il governo guidato da Milazzo resistette solo fino al febbraio del 1960 ed il milazzismo – che non si è rivelato un amalgama politico abbastanza coeso – si deteriora ben presto, disarticolandosi rovinosamente in altre più esigue formazioni partitiche, l’una contro l’altra armata. Al di là, comunque, del giudizio politico, quello che emerge con chiarezza dal lavoro di Nicastro è l’inadeguatezza del milazzismo a dare risposte organiche ai bisogni della Gente, procedendo con una “legislazione mediocre” a perpetuare “un sistema – ed ecco la storia che poi tornerà tante volte fino ai giorni nostri – fatto di “ interventi frammentari ed assistenziali”. E’ proprio nella pochezza delle iniziative politiche che si riverbera il poco che c’era nel milazzismo; molti potrebbero essere gli esempi nel campo delle politiche economiche: dall’ostracismo dichiarato all’industria (visione che si perpetua nelle politiche degli anni successivi; N.d.S.) alla discutibile ipotesi di affidare ad una casa da gioco la “riscossa della Sicilia”, fino ad un modello di politiche agrarie a dir poco anacronistico anche per i tempi. Una visione dell’agricoltura, scrive Franco Nicastro, “non sostanziata da una moderna visione economica, ma infarcita di espressioni e detti scaturiti dalla saggezza contadina ….. frutto della stanchezza e della rassegnazione di secoli di chi la terra la lavora a beneficio di chi la sfrutta”.
Come ha scritto un autorevole studioso, la storia ci educa al pensiero critico e ci rende capaci di dominare il presente, per contribuire a costruire il futuro. Se questo assunto può essere condiviso, la lettura del brillante saggio di Franco Nicastro, oltre ad aprire una finestra su una porzione della sofferta storia siciliana, dovrebbe anche ispirare una riflessione lungimirante sulle condizioni drammatiche nelle quali si arrabatta oggi la Sicilia.