Mercoledì prossimo la Commissione Europea dovrebbe adottare l’Agenda per l’immigrazione, il cosiddetto piano Junker che prevede la distribuzione di tutti i migranti su tutto il territorio europeo in misura proporzionale alla popolazione di ogni singolo Stato.
Un radicale cambio di prospettiva rispetto all’atteggiamento precedente, quando si riteneva che il problema riguardasse solo l’Italia, in applicazione del trattato di Dublino, secondo cui ogni Paese deve ospitare i migranti che arrivano sul suo territorio.
Ma era evidente che la situazione nel Mediterraneo fosse una emergenza planetaria, in quanto in Libia si sono ammassati circa un milione di profughi in attesa di imbarcarsi su gommini e barconi di fortuna e il loro obiettivo è chiaramente l’Europa, non solo il Belpaese.
Anche sulla missione Mare Nostrum c’erano state polemiche e contrasti, in quanto erano in molti a ritenere, a Bruxelles e dintorni, che proprio il dispositivo di salvataggio messo a punto dai mezzi navali italiani, funzionasse da richiamo per i migranti.
E invece la chiusura dell’operazione, la sostituzione con Triton e le migliaia di vittime che si sono registrate in una tragica escalation, hanno dimostrato che la disperazione è più forte del rischio di mettersi in mare in condizioni estreme.
Adesso arriva un primo passo verso l’assunzione di una responsabilità comune, che in qualche modo viene incontro alle esigenze del sistema di accoglienza italiano, molto vicino al collasso, ma non è ancora la soluzione definitiva al problema.
Come abbiamo scritto più volte, soltanto un intervento dell’Alto Commissariato per i Rifugiati in nome dell’ONU sul territorio libico potrà dare una svolta, evitando i viaggi della morte, visto che nessun dispositivo di salvataggio, potrebbe evitare il ribaltamento di mezzi che partono stracarichi e possono affondare nel giro di pochi minuti, anche davanti ai soccorritori come è già successo.
E’ importante quindi che l’UE abbia battuto un colpo, ma è ancora più importante che adesso si muova l’ONU: il problema non è invadere la Libia, ma prendere in mano la gestione dei campi profughi che sono un insulto alla coscienza civile del mondo, date le condizioni disumane in cui vivono circa un milione di persone, provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, lasciate in balia delle organizzazioni di mercanti di morte che sfruttano la loro disperazione.
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