Fallimento Betoncat, arrestati tre imprenditori di Catania: bancarotta

Fallimento Betoncat, arrestati tre imprenditori di Catania. Su delega della Procura della Repubblica di Catania i finanzieri del Comando Provinciale hanno dato esecuzione ad un decreto emesso dal Gip del tribunale di Catania che ha disposto gli arresti domiciliari per tre persone ed il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per quattro milioni di euro per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta nell’ambito del fallimento della società Betoncat Sas.

La società catanese (società per azioni dal 2008 al 2015), operante sul territorio nazionale nel settore della costruzione di opere idrauliche e con un fatturato annuo di 10 milioni di euro, era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Catania il primo dicembre 2016.

Fallimento Betoncat, custodia cautelare per padre e figli

Il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso nei confronti degli indagati nella loro qualità di amministratori della fallita.

La misura patrimoniale del sequestro preventivo colpisce, come hanno ricostruito i finanzieri, il “profitto realizzato dagli imprenditori per effetto della distrazione e dissipazione delle risorse finanziarie della Betoncat. In particolare – aggiungono gli inquirenti – la spregiudicata e illecita gestione degli affari societari operata dagli amministratori è stata caratterizzata da una sistematica alterazione delle scritture contabili tesa a nascondere la destinazione del patrimonio aziendale verso finalità estranee allo scopo sociale. L’azione posta in essere dagli indagati si è contraddistinta anche – specificano ancora i finanzieri – per la perdurante inosservanza degli obblighi di versamento di tributi erariali e contributi previdenziali che ha determinato un debito verso lo Stato di circa 20 milioni di euro”.

Fallimento Betoncat, al setaccio i bilanci 2010-2016

L’indagine dei finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania, nella quale sono confluite le relazioni della curatela e del consulente tecnico, ha riguardato i bilanci dal 2010 al 2016 dai quali sarebbe emerso “il ricorso a svariati espedienti contabili tutti finalizzati a rappresentare un risultato d’esercizio migliore di quello effettivamente conseguito. Da oltre 5 anni – dice la guardia di finanza – gli amministratori della Betoncat hanno operato come se la società non presentasse un disequilibrio economico irreparabile aggravandone il dissesto mediante l’artificiosa contrazione di costi e la rilevazione di maggiori ricavi inesistenti”. Gli indagati non avrebbero “fatto ricorso agli strumenti che l’ordinamento giuridico offre alle imprese in crisi così continuando ad operare a danno di altre imprese, dello Stato e dei lavoratori della stessa”.

L’investigazione dei finanzieri di Catania, realizzata in tempi rapidissimi, avrebbe posto in luce una “gestione societaria illecita in grado di incidere pesantemente sulla libera iniziativa economica a svantaggio delle imprese del settore che continuano ad operare nel pieno rispetto delle regole. Si è così evitato – spiega la guardia di finanza – che la procedura concorsuale si riducesse in un vuoto simulacro privo di utilità per le imprese creditrici, che il mercato vedesse operare imprese ormai decotte e che le finanze pubbliche perdessero definitivamente le risorse finanziarie illegittimamente sottratte al soddisfacimento dell’interesse collettivo”.

L’analisi della documentazione contabile acquisita avrebbe “permesso di rilevare, tra le tante operazioni commerciali frutto di un’insana gestione aziendale, una serie di trasferimenti azionari, mediante donazione, tra parenti e affini della famiglia degli imprenditori strumentali a minimizzare le responsabilità penali e civili degli effettivi amministratori. I 4 milioni di euro sottoposti a sequestro – specifica la guardia di finanza – si riferiscono anche ad operazioni effettuate dalla fallita con società solo apparentemente terze – ma, in concreto, di proprietà della stessa famiglia di imprenditori”.

La Guardia di Finanza di Catania ha quindi provveduto a porre agli arresti domiciliari i tre indagati (l’accusa bancarotta fraudolenta) e a eseguire i sequestri di 15 conti correnti intestati e nella disponibilità degli indagati, fino all’ammontare del profitto criminale conseguito.