Abbiamo affermato ieri che Rosario Crocetta ha ragione quando dice di aver ereditato una situazione disastrosa, ma che ogni suo tentativo di intervenire per raddrizzare la baracca, ha avuto un esito fallimentare e che i suoi tre governi passeranno alla storia per essere i più sconfessati dalla giustizia amministrativa.
Adesso, però, le dichiarazioni rese il 23 febbraio scorso (e pubblicate solo ieri) dal magistrato Nicolò Marino, ex Assessore regionale, davanti alla commissione del Parlamento nazionale che indaga sul ciclo dei rifiuti, aprono una non più rinviabile “questione morale” che riguarda non solo gli inquilini di Palazzo dei Normanni, da cui purtroppo c’è da aspettarsi ben poco, ma tutti coloro che hanno responsabilità di governo a Rona come a Palermo.
Dall’audizione di Marino, oltre ad una situazione del tutto fuori controllo nella gestione del ciclo dei rifiuti e alla già nota descrizione del marasma e dell’approssimazione con cui si svolgono le sedute della giunta regionale, viene fuori un episodio che non è solo spia dell’inadeguatezza, ormai universalmente riconosciuta, di Crocetta ma anche dell’inaccettabile pratica di affidare gli incarichi pubblici solo a soggetti di cui ha il diretto controllo.
La scelta di porre al vertice di una istituzione di una persona in difficoltà psicofisica, solo perché marito di una sua antica collaboratrice (non facciamo nomi e circostanze per il rispetto umano che si deve a chiunque) è indice di una deriva inaccettabile che va arrestata.
Peraltro a denunciare queste situazioni non è un politico qualunque, che potrebbe avere interessi di parte per colpire Crocetta, ma un magistrato dal curriculum immacolato, anche e soprattutto sul fronte antimafia, indicato dal Presidente della Regione come simbolo della scelta irreversibile a favore della legalità nella pubblica amministrazione.
Ora se l’icona antimafia mette a verbale in ogni sede ufficiale che Crocetta “distruggerà la Sicilia” e argomenta la sua fosca profezia con decine di pagine di motivazioni, c’è un problema politico o dobbiamo come sempre aspettare che la magistratura faccia il suo corso, per poi stracciarci le vesti al prossimo provvedimento giudiziario?
E c’è un’altra deriva che va fermata: l’intollerabile doppiopesismo con cui Crocetta valuta le posizioni dei componenti del suo “cerchio tragico” e quelle del resto del mondo. Sulla vicenda Helg-Gesap, l’ineffabile Presidente ha chiesto il commissariamento della Camera di Commercio, perché uno dei 32 componenti del Consiglio, 14 anni fa, ha ottenuto il patteggiamento per aver chiesto l’intervento di un boss che gli evitasse di pagare il pizzo.
A prescindere dal fatto che la Camera di Commercio andrebbe commissariata per tanti altri motivi, questa “caccia alle streghe” priva di ogni motivazione logica, stride pesantemente con la riprovevole sottovalutazione di responsabilità ben più gravi e attuali dei suoi diretti collaboratori, da lui posizionati nella “stanza dei bottoni”.
Parliamo di Anna Rosa Corsello, sotto processo per peculato, i cui provvedimenti sono stati più volte bocciati da TAR e CGA, e di Patrizia Monterosso che, non solo ha una condanna in primo grado per un danno erariale da oltre un milione di euro, ma ha pure spinto un suo inferiore gerarchico (la già citata Anna Rosa Corsello) ad emettere un provvedimento di recupero fondi palesemente illegittimo, per sottrarsi alla sua responsabilità, con la minaccia di far causa alla Regione di cui è il vertice amministrativo.
Non è compito nostro verificare se questo comportamento abbia profili di responsabilità penale: ma possiamo senz’altro dire che è da considerare inaccettabile sul piano della correttezza amministrativa e del rapporto di lealtà con la pubblica amministrazione.
Di questo Crocetta non si occupa e nessuno lo inchioda alle sue responsabilità.
Parlando di obbligo morale c’è un’altra persona che, a nostro avviso, non può sottarsi alle sue responsabilità.
E’ Lucia Borsellino Assessore regionale alla Salute che, nel marasma delle giunte Crocetta, ha agito sempre con impegno, correttezza e buona fede, al netto di qualche incidente di percorso (la vicenda Humanitas e la nomina revocata dei manager)inevitabile in una situazione così complicata.
La Borsellino non è solo un Assessore della giunta Crocetta, ma è anche la figlia di Paolo, che Crocetta cooptò nella sua campagna elettorale, portandosela appresso come garanzia di pulizia e efficienza.
Non è peregrino affermare che quel 5% di voti in più che il Presidente prese rispetto al principale competitor, sia dovuto al volto pulito e al patrimonio morale che Lucia Borsellino rappresentava e continua a rappresentare agli occhi dei cittadini siciliani.
Di fronte a cotanto sfascio, che travalica il suo ruolo di Assessore alla Salute, Lucia Borsellino dovrebbe dissociare pubblicamente la sua immagine da quella di Crocetta e della “compagnia di giro” che lo circonda altrimenti, pur restando persona al di sopra di ogni sospetto, perderà il diritto a rappresentare l’eredità morale pubblica del padre.
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