Cuffaro contro la stampa, poi si difende. Di Gangi: “Abbiamo buona memoria”
La polemica nasce dalla notizia, diffusa da “La Repubblica” in cui si sottolinea che a finire sul registro degli indagati con il sospetto di avere aiutato Matteo Messina Denaro durante la sua latitanza. è stato un certo Alfonso Tumbarello, medico di Campobello di Mazara. Tumbarello nel 2006 si era candidato alle elezioni regionali con l’Udc, il partito che proprio quell’anno ottenne la rielezione del governatore Totò Cuffaro, all’epoca sotto processo per il caso Talpe che poi lo portò in carcere per favoreggiamento di Cosa nostra.
Da qui l’intervento del commissario regionale della Dc, Totò Cuffaro che ha voluto precisare :”Gli inquirenti accerteranno cosa c’entra il dottor Alfonso Tumbarello con Messina Denaro, ma è certo che non c’entra niente con me. A chi della stampa non perde occasione per spargere fango contro di me voglio ricordare che nel 2006 la mia lista, era la ‘Lista del Presidente’ chiamata ‘Arcobaleno’, e il dottor Tumbarello non era candidato con la mia lista, era candidato nella lista della Udc e – precisa l’ex presidente della Regione – le candidature di Trapani non sono state scelta da me. Nel 2011, quando si è candidato a sindaco, io ero già in carcere e, quindi, non l’ho potuto scegliere come candidato. Quello che si sta scrivendo contro di me è semplicemente vergognoso e non degno di una informazione seria ma soltanto diffamatoria”.
Dichiarazioni che hanno sollevato un polverone e una valanga di critiche nei confronti di Cuffaro accusato di essersi scagliato contro la stampa che ha messo il luce il suoi legami con il Dott. Tumbarello. Il Comitato di redazione di Repubblica in una nota ha definito “inaccettabili le parole dell’attuale commissario della Dc siciliana Totò Cuffaro che, contestando un articolo del nostro collega Claudio Reale relativo al medico che ha curato Matteo Messina Denaro e alla sua candidatura passata nel vecchio partito di Cuffaro, parla di “schifo” e “informazione diffamatoria”.
Considerata la condanna per favoreggiamento alla mafia subita da Cuffaro – che per questo ha scontato cinque anni di reclusione a Rebibbia – e a maggior ragione considerato il contesto del lavoro di questi giorni, un linguaggio del genere non può passare inosservato. Nell’esprimere la nostra solidarietà a Claudio Reale, ricordiamo e ribadiamo l’impegno decennale di Repubblica, delle sue giornaliste e dei suoi giornalisti, che non sono né saranno disposti a farsi intimidire da alcuno, in forma diretta o meno”.
La risposta di Cuffaro
“È veramente triste che, da aggredito, mi si voglia far passare per aggressore. – ha scritto Cuffaro in una nota -. Essermi difeso ed aver chiarito una notizia data da ‘La Repubblica’, non corrispondente al vero, che è stata ripresa da tutti i media, diventa offensivo ed inaccettabile dal sindacato Stampa parlamentare siciliana. Sono da sempre promotore di una dialettica franca e decisa quando questa è rispettosa delle persone e della verità. Certo, è complicato pensare che io alimenti una crescente intolleranza verso chi fa informazione politica e mi dispiace essere considerato tale. Mi si consenta di ribadire la mia piena fiducia e la partecipazione dialettica positiva verso chiunque faccia informazione attenta e precisa”.
La replica della consigliera comunale di Palermo Mariangela Di Gangi
“Forse a Totò Cuffaro farebbe piacere che in questo clima generale di smemoratezza tutti dimenticassero il passato. Purtroppo per lui abbiamo buona memoria.
In tanti ricordiamo contro quali prassi politiche e contro quali disvalori ci siamo spesi, proprio nel 2006, in una campagna elettorale che ha visto la candidatura di Rita Borsellino contrapporsi alla sua.
In una cosa, però, Cuffaro ha ragione: qualcuno potrebbe anche dimenticare. E allora ben venga il lavoro di Claudio Reale di Repubblica e dei tanti cronisti che conoscono le storie di questa terra e non si sono stancati di raccontarle e ricordarle a tutti e tutte noi”.