Crocetta, l’Espresso, la Procura e la Sicilia che affonda
L’inquietante episodio della fantomatica telefonata tra Tutino e Crocetta, è la rappresentazione palmare delle inaccettabili distorsioni del circuito politica – giustizia – informazione.
La prima patologia è ormai talmente cronica che non vale la pena nemmeno di discuterla, se ne può solo prendere atto. Tutti gli atti giudiziari secretati sono armi improprie usate per sputtanare il nemico di turno: dalle dimensioni del pene di Berlusconi, allo sbiancamento di Crocetta, i particolari più intimi della vita privata di VIP o presunti tali, sono a disposizione del miglior offerente. Nei Paesi civili ciò non accade, ma noi non siamo più da tempo un Paese civile.
Secondo punto: la Giustizia, già in stato comatoso per le disfunzioni organizzative e per un quadro normativo volutamente affastellato e contraddittorio, costruito per permettere a chi ha i mezzi economici una sostanziale impunità, ha perso di vista il suo campo d’azione.
Anche una persona competente ed equilibrata come il procuratore Lo Voi, anziché aprire un’inchiesta immediata per verificare la violazione del segreto istruttorio o l’eventuale diffamazione, mantenendo un rigoroso riserbo fino all’accertamento della verità, si è affrettato a diramare una smentita assolutamente inutile.
Al cittadino non interessa sapere se la telefonata è fra i documenti in possesso della Procura o meno, ma se esiste o no.
Terzo punto: la politica, trasformata in uno scontro fra bande paracriminali che hanno il solo obiettivo di saccheggiare le risorse pubbliche, ha da tempo abdicato al suo ruolo e si limita alla pervicace difesa dei propri privilegi.
Il PD siciliano ne è un esempio lampante: i suoi maggiorenti sin dall’insediamento di Crocetta lo hanno duramente attaccato, mettendone in evidenza l’assoluta incapacità di affrontare con rigore e raziocinio i problemi; la scelta di collaboratori incompetenti e succubi (governo di camerieri), la collana di fallimenti (Province, Formazione Professionale, Sanità, rinuncia ai crediti dello Stato) eppure ogni volta si sono accontentati di qualche poltrona o strapuntino di Gabinetto.
Ed anche l’ultima direzione regionale ha seguito lo stesso schema: tamburi di guerra, sfiducia alle porte, poi Crocetta ha elargito l’Assessorato alla Sanità e tutti sono tornati a cuccia, in attesa di spolpare il nuovo succulento osso.
La controversa vicenda Tutino una cosa ha chiarito senza ombra di dubbio: Crocetta non lo sopporta più nessuno, né i cittadini vessati, né i suoi competitor/complici. Anche perché le dimissioni di Caleca e della Borsellino hanno sciolto l’ultimo equivoco: Crocetta non è un ingenuo idealista incapace di governare. E’ un subdolo e cinico guitto che ha usato l’antimafia per servire gli interessi dei gruppi di potere che lo hanno supportato politicamente ed elettoralmente.
Sintomatica non è tanto la sua conversazione con Tutino sulla Borsellino (che pure esiste) ma quella sulla dr.ssa Faraoni, dirigente amministrativo di villa Sofia che aveva fatto notare il mancato possesso dei titoli di Tutino per l’incarico di primario: “Tu devi fare una cosa molto semplice – dice Crocetta al suo amico primario – fare congelare il provvedimento, aspettare la nomina di cosa, e a questa la sbagniamo in un altro posto va bene?”.
L’unico obiettivo di Crocetta, in questi tre anni scarsi di malgoverno, è stato piazzare nei posti di comando amici fedeli e pronti a tutto, calpestando norme, regole e buon senso: chi ancora lo sostiene contro l’evidenza, è solo un farabutto senza scrupoli.