Un insospettabile, il guardiano di un campo sportivo e impiegato comunale, Antonino Di Marco (58 anni) è finito agli arresti nell’operazione dei carabinieri “Grande passo”. L’uomo era un fedelissimo di Totò Riina, il capo di Cosa Nostra che poteva contare ancora di un gruppo di seguaci nel territorio corleonese. Un maestro di mafia che insegnava ai più giovani come diventare un bravo mafioso: “Noi dobbiamo essere con la gente, con chiunque”. Secondo le nuove regole mafiose del Di Marco “la gente deve avere il dubbio, mai la certezza di chi comandi”. Per questo motivo, proprio perchè nessuno potesse sospettare, è riuscito ad accettare suo malgrado che la figlia sposasse un sottufficiale dei carabinieri contravvenendo alle più antiche regole di mafia.
Grazie alle microspie dei carabinieri è saltato il nuovo feudo dell’ambasciatore di Riina che aveva impostato a Palazzo Adriano un punto di controllo che mirava a supervisionare gli affari della mafia che tra appalti ed altri malaffari aveva un ingente movimento di denaro. Dalle indagini emergono diversi appalti che, grazie alla compiacenza di funzionari corrotti, venivano condotti con la modalità mafiosa dell’intimidazione a diverse imprese edili. Un affare ingente che è emerso dalle indagini è la gestione dei terreni della Curia di Monreale per cui il clan di Corleone è stato incastrato.
Di Marco sosteneva che da una lezione di mafia di Provenzano aveva imparato che “bisogna avere le braccia aperte a tutti”, motivo per cui aveva intessito negli anni rapporti con la politica. Il suo clan aveva infatti sostenuto l’elezione del sindaco di Palazzo Adriano, Carmelo Cuccia. L’uomo è stato pure seguito fino alla segreteria dell’attuale presidente della commissione bilancio all’Assemblea Regionale Siciliana, il deputato Nino Dina.
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