Commemorato Giuseppe Insalaco. È stato commemorato stamani in via Cesareo, Giuseppe Insalaco, il “sindaco dei cento giorni” , in carica dal 17 aprile al 13 luglio del 1984, ucciso dalla mafia il 12 gennaio 1988.
Intervenendo alla cerimonia – alla quale hanno preso parte, tra gli altri, i figli del primo cittadino ucciso, Ernesta e Luca – il Sindaco, Leoluca Orlando, ha dichiarato che “dopo trent’anni ricordiamo l’uccisione di Giuseppe Insalaco, vicini ai suoi affetti familiari, ma anche come Istituzione e le sue scelte coraggiose di rottura che hanno consentito di aprire gli occhi a tanta parte di questa città che li teneva gli occhi chiusi di fronte ad un sistema di potere politico mafioso che governava Palermo.
Quel sistema non tollerò le posizioni di Insalaco e lo eliminò, pensando in tal modo di interrompere un percorso che però non si è interrotto ed oggi, pensando che la mafia non governa più Palermo, non possiamo che pensare con gratitudine al suo sacrificio”.
Giuseppe Insalaco, figlio di carabiniere ma pupillo dell’allora ministro degli Interni Francesco Restivo– una volta diventato sindaco decise di fare a modo suo: alla prima occasione – che si presentò con l’anniversario dell’omicidio di Pio La Torre e Rosario Di Salvo – si presentò sul luogo dell’eccidio con tanto di fascia tricolore.
Fece tappezzare la città con manifesti dell’amministrazione comunale, denunciando l’escalation sanguinaria mafiosa, in cui per la prima volta compariva la parola mafia. Poco dopo, il 5 maggio 1984, eccolo a Roma in occasione di una manifestazione contro la mafia e la Camorra. Il suo progetto, appena sedutosi sulla poltrona da primo cittadino, era quello di cambiare le cose tra le fila della Democrazia cristiana.
Nato e cresciuto tra le fila della Democrazia cristiana, scaricato dallo stesso partito quando dimostrò di voler rappresentare un movimento di rinnovamento in casa Dc. Cinque volte andò da Falcone per riempire altrettanti verbali.
Tornando col pensiero agli scritti di Insalaco trovati post mortem che fecero tremare Palermo – un articolato dossier su mafia e politica e, poco dopo, il suo diario – si suppone che il sindaco ucciso il 12 gennaio 1988 avesse a disposizione una notevole quantità di materiale di interesse per il giudice Falcone.
Insalaco accusava duramente, in quel carteggio, noti personaggi come l’eurodeputato Salvo Lima, i finanzieri Nino e Ignazio Salvo, gli “esattori” di Cosa nostra, Bruno Contrada, funzionario del Sisde, lo stesso Vito Ciancimino, fino a Giulio Andreotti.
Nel testo di un’intervista a Insalaco mai pubblicato prima della morte quest’ultimo, alla domanda “quali sono gli uomini del potere occulto, chi comanda a Palermo”, rispondeva: “Non c’è un potere occulto. Parlarne è un comodo equivoco; è un potere alla luce del sole esercitato in modo visivo. Un potere che bisognerebbe vedere come viene esercitato, le sue connivenze, le sue colleganze”.
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