Colpo al patrimonio del clan Cappello a Catania, sequestri beni
Continua la lotta alla criminalità organizzata da parte della Polizia di Stato attraverso l’aggressione ai patrimoni illecitamente acquisiti. Nei giorni scorsi, infatti, è stata data esecuzione alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di beni ai fini di confisca, ai sensi del Codice Antimafia, emesso dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta del Questore e in raccordo con il Procuratore della Repubblica di Catania, a carico di C. S., di anni 55, e del figlio C. G., di anni 35, entrambi pregiudicati, in atto detenuti, appartenenti alla cosca mafiosa “Cappello”.
Il suddetto provvedimento ha consentito il sequestro ai fini di confisca di n.1 impresa individuale sita nel centro storico della città etnea ed attiva nel settore della ristorazione, di n.3 immobili siti in Catania (nello specifico 2 appartamenti e 1 terreno), di n. 1 autovettura e di diversi rapporti finanziari riconducibili agli interessati.
Il valore dei beni sequestrati è stimato in circa 500 mila euro.
La complessa attività d’indagine ha riguardato innanzitutto l’attuale e qualificata pericolosità sociale dei due proposti ed in un secondo momento le posizioni economiche degli stessi, consentendo di individuare i cespiti patrimoniali oggetto di intestazione fittizia ed acquisiti attraverso il reimpiego di danaro proveniente da attività illecite.
In particolare, C. S., risulta appartenere, come anche confermato da diversi collaboratori di giustizia che hanno reso dichiarazioni accusatorie nei suoi confronti, alla consorteria mafiosa “Cappello – Bonaccorsi”, in specie al gruppo di “Monte Po’- Picanello”, capeggiato dal cognato S. M..
Le accuse vanno dallo spaccio all’associazione mafiosa
C. S. risulta gravato da precedenti penali e di polizia per reati di grave allarme sociale fra i quali: spaccio di stupefacenti, riciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, associazione di tipo mafioso. In merito a tale ultimo reato, in data 23.06.2020, nell’ambito dell’indagine cd. Camaleonte condotta dalla locale Squadra Mobile e dallo S.C.O. di Roma e coordinata dalla locale Procura della Repubblica, veniva raggiunto da O.C.C.C. emessa l’8.06.2020 dal GIP del Tribunale di Catania a carico di 58 soggetti, tutti ritenuti responsabili a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso (clan Cappello-Bonaccorsi), associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana e hashish), detenzione e spaccio delle medesime, reati in materia di armi, con l’aggravante di favorire l’associazione medesima.
L’operazione “Camaleonte” ha riguardato, tra gli altri, diversi familiari di C. S., tra cui i cognati, la moglie e il figlio C. G., anch’egli appartenente al gruppo di “Monte Po’- Picanello” della consorteria mafiosa “Cappello-Bonaccorsi”.
Quest’ultimo vanta un curriculum criminale di rilievo risalente ai primi anni 2000, quando, ancora minorenne, si rendeva responsabile dei primi delitti contro il patrimonio per i quali ha subìto condanne definitive. Nel corso degli anni, poi, la sua carriera delinquenziale si è arricchita di altri reati di grave allarme sociale, fra i quali: detenzione e spaccio di stupefacenti (reato per il quale è stato poi assolto), omicidio doloso tentato, maltrattamenti di animali (gli stessi venivano utilizzati per le corse clandestine) e, da ultimo, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dal metodo mafioso.
Beni fittiziamente intestati a terzi
Nel corso delle indagini patrimoniali, sono stati analizzati gli investimenti effettuati dai proposti negli anni dal 2015 al 2019, periodo in cui si è manifestata la loro pericolosità sociale e sono stati individuati contestualmente, in un quadro di evidente sperequazione, i beni acquistati e riconducibili ai predetti.
L’analisi dei flussi finanziari sviluppata dai “patrimonialisti” della Divisione Anticrimine e della Squadra Mobile ha evidenziato, anno per anno, nel periodo preso in considerazione, una forte sperequazione tra i redditi dei proposti e dei loro nuclei familiari e i beni, fittiziamente intestati a terzi, nella disponibilità di C. S. e di C. G., che, pertanto, sono stati ritenuti frutto e reimpiego dei proventi delle attività illecite commesse dagli interessati in seno al clan mafioso di appartenenza.
Il locale Tribunale – Misure di Prevenzione – che ha recepito la proposta del Questore di Catania, in raccordo con il Procuratore della Repubblica di Catania, considerati i saldi negativi evidenziati negli anni oggetto di indagine e l’assenza di adeguate entrate lecite, ha ritenuto che, nel periodo in esame, C. S. e il figlio C. G. abbiano ricavato vantaggi economici dagli illeciti traffici cui i predetti erano dediti e che i beni acquisiti, viziati sin dall’origine, siano stati sottratti al circuito dell’economia legale.
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