Roma, 28 feb – Nel quadro del cosiddetto “horsegate”, sono circa 200 i diversi tipi di confezioni alimentari ritirate dal commercio in almeno 24 Paesi situati soprattutto in Europa, ma anche in Asia e America, con danni che hanno superato il miliardo di euro tra confezioni sequestrate e distrutte, cali nei consumi provocati dalla psicosi, costi dei maggiori controlli da parte delle Istituzioni e delle aziende del settore e perdita di valore delle aziende interessate.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti, sulla base del monitoraggio effettuato dal portale eFoodAlert.net, dal quale si evidenzia che a essere coinvolte sono le principali multinazionali della distribuzione commerciale e dell’industria alimentare: dalla Findus alla Nestlè, da Carrefour ad Auchan fino alla Lidl, ma anche i punti vendita di Ikea in diverse parti del mondo.
La contaminazione della carne di cavallo – sottolinea la Coldiretti – è stata scoperta praticamente in tutte le diverse tipologie di prodotti trasformati a base di carne di manzo. Una dimostrazione dell’evidente, grave, ritardo della legislazione comunitaria nel garantire la trasparenza degli scambi commerciali, con ad esempio l’estensione a tutti i prodotti dell’obbligo di indicare la provenienza in etichetta.
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L’horsegate – prosegue la Coldiretti – è solo l’ultimo scandalo alimentare che ha segnato l’inizio del secolo: dalla mucca pazza all’aviaria, dal latte cinese alla melamina a quello tedesco alla diossina, dalla mozzarella blu al batterio killer nei germogli di soia, fino alla carne di cavallo nei ravioli.
Lo scandalo della carne di cavallo ha messo in evidenza – sottolinea la Coldiretti – l’esistenza di un giro vorticoso di partite di carne che si spostano da un capo all’altro dell’Europa, attraverso intermediazioni poco trasparenti.
Secondo una indagine Coldiretti/Swg, il 47% degli Italiani preferisce acquistare prodotti alimentari locali che offrono una maggiore garanzia nei confronti delle frodi favorite dai lunghi trasporti e dalle troppe intermediazioni.
L’indagine attesta anche come il 65% degli italiani si senta garantito da un marchio degli agricoltori italiani, il 16% da quello della distribuzione commerciale e appena il 9% da uno industriale.
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