CoderDojo, oltre 130 “ninja” hanno imparato a programmare videogiochi
Insegnare ai bambini a programmare un videogioco, imparando anche dagli “errori” commessi e soprattutto “risolvendoli” da soli. Una “filosofia” che sta alla base del CoderDojo che i piccoli “ninja” – oltre 130 i partecipanti sabato pomeriggio nei locali dell’edificio della didattica di Ingegneria alla Cittadella universitaria – hanno adottato al primo appuntamento “universitario” del laboratorio gratuito “CoderDojo Etneo” rivolto a giovani di età compresa fra i 7 ed i 14 anni e finalizzato alla diffusione del pensiero computazionale e allo sviluppo di competenze informatiche innovative tra i giovanissimi.
CoderDojo, un movimento mondiale
CoderDojo è, infatti, un movimento mondiale spontaneo che ha come obiettivo quello di insegnare ai bambini a programmare: “Durante un laboratorio CoderDojo, i bambini imparano a programmare un videogioco, e si cimentano con il Coding, un’attività raccomandata dal Miur utile a sollecitare le abilità di Problem Solving – spiega Carlo Puglisi, responsabile del CoderDojo Etneo -. Ormai siamo al 33° incontro nel Catanese e numerosi bambini sono già ritornati più volte a frequentare i nostri laboratori. Applicando il “pensiero computazionale” i bambini riescono a creare sotto-problemi per risolvere il problema individuando i corretti algoritmi”.
Un movimento nato in Irlanda nel 2011 e che si è diffuso in 92 Stati grazie a 1.800 CoderDojo che, nel 2017, ha coinvolto 160mila bambini. Un risultato importante e destinato a crescere ulteriormente anche con il contributo dell’Università di Catania e in particolar modo del Dipartimento di Ingegneria elettrica elettronica e informatica.