Cronaca

Chiusure ristoranti: dalla Sicilia chiesto intervento di Governo ed Istituzioni

Dopo l’appello dell’ARCS (Associazione Ristoratori Centro Storico di Roma), che in una nota ha denunciato tutte le problematiche causate dalle chiusure a singhiozzo e senza programmazione per via dell’emergenza Covid-19, anche altri ristoratori di tutta Italia vogliono un rispetto della categoria.

La richiesta che arriva dalla Sicilia è quella di un tavolo di confronto con Governo e istituzioni per salvaguardare la ristorazione – ormai diventata una vera e propria impresa, con tutti i costi di gestione annessi – che rappresenta un PIL importante per l’Italia.

A parlarne è Enzo Bandi (del ristorante ”Osteria Il Moro” di Trapani) che ha affermato: «Il nostro pensiero – al nord, al centro ed al sud – è questo: i Ristori dovrebbero essere basati sui periodi di inattività che sono stati imposti. Un’attività come la nostra, stando chiusa per 5 o 6 mesi, ha perso l’80% del fatturato ed anche il 90% se parliamo degli stagionali. Con questo tira e molla delle chiusure non riusciamo a fare alcuna programmazione. Con questo virus dobbiamo continuare a convivere per chissà quanto tempo. Noi siamo stati chiusi tanti mesi e rischiamo che possa saltare il PIL dell’economia italiana che si poggia sul nostro settore e sul nostro indotto. Rispettiamo i protocolli e vogliamo rispetto come lavoratori di una delle eccellenze del nostro Paese».

Pietro D’Agostino (del ristorante “La Capinera” di Taormina) ha invece aggiunto: «Mi voglio collegare all’amico di Genova. Ci stanno mettendo in ginocchio. Di Ristori ne sono arrivati pochissimi. Tutti debbono sapere che noi abbiamo dipendenti importanti, affitti importanti e seguiamo le direttive per garantire la salute dei nostri clienti ma credo che il Governo debba fare un intervento anche sugli sgravi per i dipendenti, specialmente per noi che lavoriamo sullo stagionale; non abbiamo bisogno di chiacchiere. Lo Stato deve farsi sentire e starci vicino. Così non va, le cartelle esattoriali andrebbero cancellate».

Un problema, quello delle chiusure, che in Sicilia si è ripercosso anche sulla categoria degli autisti e dei noleggiatori. Salvatore Ricca (Associazione Noleggiatori Riuniti Sicilia) ha dichiarato: «Il nostro comparto è totalmente fermo da più di un anno. Dall’inizio di questa pandemia gli aiuti dati sono stati una barzelletta tutta italiana. Basti pensare che la mia azienda nel 2019 ha fatturato 214.000 euro e nel 2020 solo 14.000 con perdite del 97% e un aiuto delle Stato di soli 2.000 euro. Eppure noi svolgiamo un ruolo importantissimo per il turismo, essendo la linea sottile che collega i turisti con gli hotel ed i ristoranti. Il settore turistico è un anello di congiunzione immenso tra diverse realtà e merita maggiore rispetto».

Giuseppe Santoro (Presidente Federazione Italiana Pizzaioli) in merito alla questione ha dichiarato: «Lo Stato ci ha abbandonati, ma noi non ci arrendiamo. Sentendo in questi giorni i soci, i sostenitori ed i colleghi sparsi per la Penisola, sento che tutti ci troviamo nella stessa situazione. Chi sta a casa non compra cibi da asporto e, ovviamente, neanche la pizza; tutto si concentra nel weekend, ma oggi le nostre perdite superano il 75-80% in alcuni casi e nelle piccole città dell’entroterra anche il 95%. Si rimane aperti solo per avere un po’ di moneta per continuare a vivere. La situazione che stiamo vivendo è catastrofica».

Pasquale Naccari (Presidente di Ristoratori Toscana e TNI Horeca Italia, associazione che rappresenta 40.000 imprese italiane nel settore) ha detto: «Siamo vicini ai ristoratori di tutta Italia, ai quali offriamo appoggio e comprensione per le difficoltà che noi tutti stiamo attraversando. Il mio appello è quello di stare uniti, perché solo uniti possiamo uscire da questa crisi che sembra non finire mai».

Diego Sommovigo (dei ristoranti “Il Gambero” di Porto Venere e “Osteria da Caran” di La Spezia) ha invece sottolineato: «Noi siamo uno dei ristoranti storici, aperto dal 1851 e faccio parte della FIPE. La pressione fiscale è arrivata al 70% e ora che dobbiamo affrontare un problema serio, noi da cittadini siamo rimasti soli. La mia azienda, in questo lockdown, ha perso 280.000 euro, lo Stato ad oggi mi ha dato 19.600 euro che sono pari al 6% del fatturato; la misura è ridicola. Da sempre tuteliamo la salute e rispettiamo le regole. Ma è possibile che in tutto questo periodo non ci siano mai stati controlli? E poi che incidenza scientifica risulta dai contagi avuti da chi è andato al ristorante? Si deve capire che tra bar e ristorazione sono presenti in Italia 376.000 locali per 1.240.000 dipendenti, in regola. Noi siamo tutte micro o piccole aziende e ci manteniamo da soli, non gravando sullo Stato, meritiamo rispetto; hanno fatto il conto di quanto peserebbero 1.240.000 disoccupati a cui vanno aggiunte tutte le famiglie?».

Pietro Zito (del ristorante “Antichi Sapori” di Montegrosso – BAT) ha denunciato: «E’ necessario capire le perdite effettive del 2019 e del 2020, mentre i costi fissi sono andati avanti. E’ necessario, in questa fase, il blocco delle cartelle esattoriali, i pagamenti vanno rimandati ed i fitti dovrebbero andare in totale credito d’imposta e si dovrebbero annullare le tasse sui rifiuti perché non abbiamo lavorato e siamo stati chiusi. Il Comune di Andria ci ha fatto pagare per un anno intero. Ci vorrebbe una maggiore sensibilità verso un settore in crisi ed un’attenzione verso i dipendenti».

In chiusura Alessandro Circiello (Federazione Italiana Cuochi) ha affermato: «Ho fiducia nel nuovo esecutivo e spero che a breve si passi dalle parole ai fatti, perché in questo momento le spese continuano a correre mentre siamo fermi. I centri storici italiani – da Roma a Firenze, con Bologna, Napoli, Venezia, Bari e Milano – sono quelli che soffrono di più: un ristorante su tre ha chiuso per sempre».

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Redazione

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