Sabato 21 Ottobre apre al pubblico “Cartier-Bresson Fotografo”: la GAM di Palermo ospita in mostra 140 dei suoi preziosi scatti, il secondo appuntamento con i grandi maestri della Fotografia, dopo quello dedicato a Steve McCurry, chiuso alla fine di febbraio di quest’anno con successo.
La selezione dei lavori del dandy cosmopolita, “surrealista zen”, “cacciatore vegetariano” è stata curata in origine dall’amico ed editore Robert Delpire in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, istituzione creata nel 2003 insieme alla moglie Martine Franck e alla figlia Mélanie, con lo scopo principale di raccogliere le sue opere e creare uno spazio espositivo aperto anche ad altri artisti.
Le fotografie esposte sono state realizzate con la sua macchina fotografica di piccolo formato: la sua famosa Leica 35 mm con ottica fissa 50 mm che lo accompagnò per il resto della vita. Le composizioni e i soggetti immortalati esprimono e fanno capire la sua ricerca del contatto con gli altri nei luoghi e nelle situazioni più diverse, l’evidenza della sorpresa che rompe le abitudini, la meraviglia che libera le menti grazie a una fotocamera che aiuta ad essere pronti a coglierne e immortalarne il contenuto. Cosiddetto il teorico del “momento decisivo”, di quell’immagine fotografica che da sola riesce a riassumere un’intera storia puntando dritta all’emozione dell’osservatore.
“Fotografare, è riconoscere un fatto nello stesso attimo ed in una frazione di secondo e organizzare con rigore le forme percepite visivamente che esprimono questo fatto e lo significano. È mettere sulla stessa linea di mira la mente, lo sguardo e il cuore” dice l’artista.
Quando scatta l’immagine guida che è stata scelta per questa sua nuova rassegna monografica allestita a Palermo, Henri Cartier-Bresson ha appena 24 anni. Ha comprato la sua prima Leica, quella che Henri seppellì per nasconderla dai nazisti, da appena due anni, ma è ancora alla ricerca del suo futuro professionale.
“Sono solo un tipo nervoso, e amo la pittura. Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” affermava.
Non capire nulla di fotografia significa, tra l’altro, non sviluppare personalmente i propri scatti, non apportare alcun miglioramento al negativo, non rivedere le inquadrature. Perché lo scatto per Bresson deve essere giudicato secondo quanto fatto nel qui e ora, nella risposta immediata del soggetto. Per “l’occhio del secolo”, la tecnica rappresenta solo un mezzo che non deve prevaricare e sconvolgere l’esperienza iniziale, reale momento in cui si decide il significato e la qualità dell’opera.
Ormai può prendere il posto che gli spetta, quello di grande intellettuale europeo del Novecento che va anche oltre la fotografia. Umanista, dandy cosmopolita, «cacciatore vegetariano», «surrealista zen», e perfino, per Jean Clair, «geografo incomparabile», è un fatto che Hcb abbandonò il «duro piacere» di fotografare (con qualche ritorno di fiamma) nel ‘74, e per trent’anni dell’ultima sua vita si dedicò a dipingere, scrivere, pensare. «Il suo valore autentico era la gioia del vedere», al di là dello strumento.
“Per parlare di Henri Cartier-Bresson – afferma il curatore della mostra a Palermo – è bene tenere in vista la sua biografia. La sua esperienza in campo fotografico si fonde totalmente con la sua vita privata.”
L’allestimento attuale è curato da Denis Curti e Andrea Holzherr per conto di Magnum ( https://www.magnumphotos.com/arts-culture/fashion/henri-cartier-bresson-photoportraits/ )
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