Capimafia ai domiciliari, l’ira delle famiglie delle vittime e non solo

Capimafia ai domiciliari. Il boss dell’Uditore Pino Sansone, 69 anni, l’ex vicino di casa di Totò Riina nel complesso di via Bernini, è andato ai domiciliari. Così ha deciso il tribunale del riesame di Palermo, probabilmente tenendo conto del fatto che il costruttore dell’Uditore riarrestato a luglio era recluso nel carcere di Voghera (Pavia), dove nei giorni scorsi è morto un detenuto per il Covid 19.

Ieri, era toccato al boss Francesco Bonura, su decisione del giudice di sorveglianza di Milano: al boss palermitano, anche lui dell’Uditore, restano 8 mesi per scontare una condanna a 23 anni, e ha una grave malattia.

Un provvedimento che ha creato da subito rabbia e sconcerto tra i familiari delle vittime di mafia che si stanno muovendo attraverso qualsiasi mezzo legale in difesa della memoria di chi ha lottato e di chi ha perso un familiare a causa della lotta contro la mafia e i mafiosi.

Capimafia ai domiciliari: le razioni della politica

I capimafia detenuti al regime di 41bis, che per legge non possono usufruire di pene alternative, stanno uno dopo l’altro lasciando il carcere con il pretesto dell’emergenza coronavirus.

Una situazione che “desta sconcerto” per i deputati di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, segretario della Commissione antimafia, Carolina Varchi, componente della Commissione Giustizia, Andrea Delmastro e Giovanni Donzelli, che hanno rivolto una interpellanza al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafade chiedendo, tra l’altro, l’avvio di una ispezione.

“Se i Tribunali di sorveglianza ritengono che un capomafia ultrasettantenne abbia patologie non compatibili con la detenzione e non sia più pericoloso, nessuna obiezione alla concessione  dei domiciliari – afferma Claudio Fava, presidente della Commissione Regionale Antimafia siciliana – ma non prendiamo a pretesto il Covid, per favore! Ad epidemia in fase discendente e trovandosi in condizioni di necessario isolamento al 41 bis, sarebbe ipocrita giustificare le scarcerazioni con i rischi legati al corona virus.”

“Sarebbe offensivo per le migliaia di anziani morti per le condizioni di promiscuità sociale e sanitaria in cui si sono trovati”
“Se volete scarcerare Bagarella e Santapaola – conclude Fava – fatelo assumendovi la responsabilità di trovare una valida e legittima giustificazione. Che non può essere, a quattro mesi dall’inizio della pandemia, il rischio del contagio, mentre migliaia di detenuti in attesa di giudizio o con pene lievi restano esposti, loro si, al rischio contagio nelle fatiscenti carceri italiane”.

41-bis è paradossalmente la migliore forma di tutela della salute per i detenuti

Dello stesso avviso il sindaco di Palermo Leoluca Orlando che ha sottolineato: “Al di là del comprensibile smarrimento che la notizia ha creato nei familiari delle vittime di mafia, non si può non sottolineare che il trasferimento ai domiciliari per ieri per il Boss Francesco Bonura e oggi per Giuseppe Sansone appare una palese contraddizione dei motivi stessi per cui sarebbe stato disposto.
Nel momento in cui da mesi si sostiene che l’isolamento e la quarantena sono le forme migliori di prevenzione e tutela della salute, credo che proprio il regime di 41-bis sia paradossalmente la migliore forma di tutela della salute per i detenuti, per gli operatori carcerari e per i familiari dei detenuti.
Esporre il boss ai rischi di contagio che derivano dal farlo andare in un ambiente non protetto credo sia un atto cui mi auguro che il Tribunale ponga immediatamente rimedio.”

Domiciliari è affronto alle famiglie delle vittime

’Fermo restando il diritto alla salute per tutti i cittadini, e dunque anche per i detenuti mafiosi, il rischio che l’emergenza Covid-19 apra le porte delle celle dei boss stragisti al 41 bis per garantire loro le cure a casa si configura come un grave affronto ai familiari delle vittime e ai tantissimi servitori dello Stato fedeli alla carta Costituzionale. Insomma, una vergogna nazionale e una grave sconfitta dello Stato’’.

Lo sostiene in una nota l’associazione “Memoria e Futuro” secondo cui ‘’non si spiega come mai si cominci ad affrontare l’emergenza in carcere proprio dai detenuti al 41 bis, che paradossalmente, a causa della condizione di isolamento, sono meno esposti al contagio’’. ‘’Si facciano i tamponi e si prendano tutte le misure necessarie a salvaguardare la salute dei boss detenuti, compreso il ricovero in strutture ospedaliere piantonate dalle forze di polizia o da agenti di custodia – prosegue la nota – ma si eviti ai familiari delle vittime di mafia e delle stragi il rischio di incontrare per la strada i carnefici dei propri cari’’. ‘’Altrimenti resta forte il dubbio – conclude la nota – che qualcuno immagini l’emergenza Covid-19 come un grimaldello per dare corso finale alle promesse del ‘’papello’’ della trattativa Stato-mafia, tra cui, com’è noto, l’abolizione del 41 bis, di fatto realizzata  con i boss stragisti ai ‘’domiciliari’’.