Boss ai domiciliari, famiglie delle vittime: “Traditi dallo Stato”
Boss ai domiciliari. 74 boss mafiosi detenuti in regime di 41bis potrebbero lasciare il carcere e passare agli arresti domiciliari a causa dell’emergenza Covid-19 in Italia. Questa la ricostruzione svolta dal settimanale L’Espresso, dopo la scarcerazione dell’ex pezzo grosso di Cosa Nostra Francesco Bonura.
Altri 74 capi mafia potrebbero finire ai domiciliari
Lo scorso 21 marzo infatti il Dap, il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, ha fatto circolare tra i direttori degli istituti di pena italiani una nota in cui si invita a monitorare e segnalare, in relazione all’emergenza Coronavirus, quei detenuti che per motivi di età avanzata e di salute potrebbero essere scarcerati.
Inoltre, il decreto ministeriale “Cura Italia” approvato dal Governo Conte a metà marzo prevede la possibilità di pene alternative per i carcerati che abbiano una condanna non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena.
Stando a L’Espresso, sono oltre 70 i capi mandamento attualmente reclusi in 41-bis che potrebbero beneficiare di queste misure: tutti nomi di spicco delle famiglie mafiose del Paese, tra cui Leoluca Bagarella. Il mandante della strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta spinge da tempo per ottenere gli arresti domiciliari e lasciare il carcere in cui è attualmente detenuto.
Boss ai domiciliari: l’indignazione dei familiari delle vittime di mafia
La notizia della scarcerazione di Bonura, e l’allarme lanciato da L’Espresso, hanno scatenato l’indignazione e le proteste dei famigliari delle vittime di mafia. Tra tutte, quella di Graziella Accetta. La madre di Claudio Domino, il bambino ucciso dai sicari mafiosi a soli 11 anni, ha dichiarato di sentirsi tradita dallo Stato.
“Queste sono persone che hanno sparso sangue, ucciso bambini, che hanno deciso le sorti delle nostra terra, persone che hanno dichiarato guerra allo Stato e minacciato di uccidere magistrati e ora finiscono ai domiciliari, con la possibilità di poter tirare di nuovo le fila del potere? Ci abbiamo messo trent’anni a ripulire la Sicilia. No, la famiglia Domino è indignata e addolorata. Il nostro cuore sanguina. È un giorno triste per chi come noi da 30 anni porta la legalità e la memoria nelle scuole“.
Stefano Candiani, segretario regionale della Lega: “Il pericolo che vengano scarcerati boss mafiosi a causa dell’emergenza del covid-19 è qualcosa di inconcepibile”
Stefano Candiani, segretario regionale della Lega, e il capogruppo al consiglio comunale di Palermo Igor Gelarda hanno commentato la notizia: “Il pericolo che vengano scarcerati boss mafiosi a causa dell’emergenza del covid-19 è qualcosa di inconcepibile. È qualcosa che va a colpire al cuore la dignità dei siciliani e dei palermitani
in particolare”.
“Una terra che non solo ha pagato un altissimo tributo di sangue a causa della criminalità organizzata, in termini di vittime innocenti, ma ne ha anche subito una lesione di immagine incalcolabile. Una decisione che fa torto a quei milioni i siciliani che sono sempre state persone perbene e hanno contribuito, con il loro lavoro e con le loro intelligenze, a rendere grande questa Nazione”.
“Senza considerare – hanno sottolineato Candiani e Gelarda – che queste scarcerazioni, con invio ai domiciliari, costituiscono un affronto nei confronti di quei magistrati e quegli uomini e donne in divisa che hanno pagato con il proprio sangue la lotta alla mafia”.
Claudio Fava e il sindaco di Palermo Orlando esprimono la loro contrarietà alla possibilità di concedere i domiciliari ai detenuti in regime di 41bis
“Se volete scarcerare Bagarella e Santapaola – ha detto il Presidente della Commissione Antimafia della Regione Sicilia Claudio Fava – fatelo assumendovi la responsabilità di trovare una valida e legittima giustificazione. Che non può essere, a quattro mesi dall’inizio della pandemia, il rischio del contagio, mentre migliaia di detenuti in attesa di giudizio o con pene lievi restano esposti, loro si, al rischio contagio nelle fatiscenti carceri italiane”.
Dello stesso avviso il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando: “Al di là del comprensibile smarrimento che la notizia ha creato nei familiari delle vittime di mafia, non si può non sottolineare che il trasferimento ai domiciliari per ieri per il Boss Francesco Bonura appare una palese contraddizione dei motivi stessi per cui sarebbe stato disposto”.
“Nel momento in cui da mesi si sostiene che l’isolamento e la quarantena sono le forme migliori di prevenzione e tutela della salute, credo che proprio il regime di 41-bis sia paradossalmente la migliore forma di tutela della salute per i detenuti, per gli operatori carcerari e per i familiari dei detenuti”.
“Esporre il boss ai rischi di contagio che derivano dal farlo andare in un ambiente non protetto credo sia un atto cui mi auguro che il Tribunale ponga immediatamente rimedio”.
Secondo l’avvocato di Francesco Bonura, la scarcerazione è dovuta alle precarie condizioni di salute del suo assistito
Francesco Bonura, 78 anni, stava scontando la propria pena nel carcere di Milano Opera. A fronte di una condanna pari a 18 anni e 8 mesi, sarebbe dovuto rimanere in prigione per altri 9 mesi. Uomo fidato di Bernando Provenzano, Bonura ha gestito per anni il racket di Cosa Nostra ed è stato tra i costruttori più facoltosi di Palermo.
Secondo l’avvocato difensore Giovanni Di Benedetto, la scarcerazione di Bonura è legata alle precarie condizioni di salute e all’età avanzata del suo assistito. “Nel contesto della lunga carcerazione il Bonura ha subito un cancro al colon, è stato operato in urgenza e sottoposto a cicli di chemioterapia; di recente i marker tumorali avevano registrato una allarmante impennata. Se a tutto ciò si aggiunge, come si deve, l’età (Bonura ha 78 anni) ed i rischi a cui lo stesso, vieppiù a Milano, era esposto per il Coronavirus risulta palese la sussistenza di tutti i presupposti per la concessione del differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare in ossequio ai noti principi, di sponda anche comunitaria, sull’umanità che deve sottostare ad ogni trattamento carcerario”.
Il provvedimento non sarebbe però riconducibile al decreto Cura Italia, che “non si applica al caso di specie e che non ha nulla a che vedere con il differimento pena disposto per comprovate ragioni di salute e sulla base della previgente normativa”.
Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: “Attivate delle verifiche sulla decisione del tribunale, ma non riconducibile al decreto Cura Italia”
Anche il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha voluto confermare l’estraneità del provvedimento dalle misure introdotte dai decreti ministeriali per il contenimento del Coronavirus in Italia.
Il guardasigilli ha annunciato una verifica sulla scarcerazione del boss, ma ha dichiarato: “Tutte le leggi approvate da questa maggioranza e riconducibili a questo governo sanciscono esplicitamente l’esclusione dei condannati per mafia (ma anche di qualsiasi reato grave) da tutti i cosiddetti benefici penitenziari”
Bonafede ha quindi definito “falso, pericoloso e irresponsabile sostenere che alcuni esponenti mafiosi sono stati scarcerati per il decreto legge Cura Italia”.
“Si tratta infatti di decisioni assunte dai giudici nella loro piena autonomia che in alcun modo possono essere attribuite all’esecutivo – ha spiegato Bonafede. L’unica cosa che può fare il Governo (e che, ovviamente, sta già facendo) è attivare, nel rispetto dell’autonomia della magistratura, tutte le verifiche e gli accertamenti del caso, considerato anche il regime di isolamento previsto dal 41 bis”.