Blitz nel trapanese, tredici fermi: fiancheggiatori del boss Messina Denaro

Un blitz nella notte nel trapanese ha inferto un duro colpo al clan mafioso di Calatafimi-Segesta.

Venti gli indagati, nei confronti dei quali sono in corso perquisizioni con l’ausilio di unità cinofile e apparecchiature speciali per la ricerca di armi. Oltre un centinaio di agenti della Polizia di Stato appartenenti alle Squadre Mobili di Trapani e Palermo, coordinati e supportati dal Servizio Centrale Operativo: fermate tredici persone.

Fermato anche Nicolò Pidone, 57 anni, ex operaio stagionale della Forestale che era stato già arrestato nel 2012, dopo avere scontato la condanna ore è considerato il nuovo boss di Alcamo.

Tra i venti indagati risulta anche il sindaco di Calatafimi, Antonino Accardo, eletto l’anno scorso con 1900 preferenze, oggi è accusato di corruzione elettorale e di tentata estorsione, con l’aggravante di mafia, e un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere palermitano di Pagliarelli: accusato di rivelazione di notizie riservate.

Le accuse ipotizzate nei confronti degli indagati sono: associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.

Arrestato anche un dirigente di un’azienda pubblica di Trapani che è anche presidente di una cantina sociale: Salvatore Barone, ex presidente dell’Atm. In corso anche una serie di perquisizione nelle campagne del trapanese per la ricerca di armi.

Finito in manette anche Stefano Leo, ritenuto uomo dio fiducia di Vito Gondola, numero uno di cosa nostra a Mazara del Vallo e che negli anni scorsi avrebbe affiancato Messina Denaro nella sua latitanza.

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