È uno dei suoi libri più amati, “Lettera a mio Padre” (DeriveApprodi, 2020) che Barbara Balzerani presenterà alla Feltrinelli Palermo, alle 17 di venerdì 8 Settembre. Un dialogo immaginario, un confronto reale. L’attuale degrado politico, sociale e culturale è anche la conseguenza di una fase storica consumatasi nel decennio ‘70/’80, di cui lei fu protagonista. Vi furono errori e furono fatte scelte sbagliate?
Dovremmo parlarne. Con due premesse necessarie. La prima: l’autrice è esponente significativa di una generazione che ha scritto una storia di profonda trasformazione di questo Paese e che ha realizzato una mole incredibile di innovazioni culturali, sociali e politiche come mai, prima di allora, si era verificato e come mai più, dopo di allora, si sarebbe ripetuto. Dal cinema indipendente al teatro sperimentale, dalle radio libere all’editoria “minore”, dal graffitismo ai giornali di controinformazione, dalle occupazioni alle esperienze di vita comunitaria, dai collettivi studenteschi ai movimenti politici. Tutto era politico e niente separava il pubblico dal privato in quegli anni. Per spiegare il peso di una tale radicale trasformazione che quella generazione aveva messo in atto e quanto la critica e la contestazione fossero diffusi, forse è sufficiente ricordarsi che, in quegli anni, solo la cultura, l’informazione e l’arte che si autoproducevano fuori delle istituzioni avevano riconoscimento di massa e legittimità sociale, al punto che molti intellettuali riformisti ne furono profondamente influenzati.
È stata l’unica fase di rottura e di innovazione nella storia italiana, decisa e voluta prevalentemente da giovani subalterni che avrebbero avuto, per la prima e l’ultima volta, l’accesso all’alta formazione.
Nonostante tutto questo, quella generazione è, ancora oggi, il “nemico inconfessabile”. O forse lo è, proprio per questo?
La seconda: Barbara Balzerani rappresenta una parte importante della storia della sinistra italiana. Il conflitto politico e culturale nel Paese fu anche un duro confronto dentro la sinistra. L’esito finale fu la sconfitta di tutti, e fu devastante. Immediati furono i segnali di reazione che segnarono l’involuzione e l’arretramento di tutte le conquiste e di tutti i diritti, dalla marcia dei 40.000 quadri a Torino (autunno 1980) al taglio della scala mobile (proposta nel 1981), dalla flessibilità/precarietà del lavoro alle politiche neoliberiste di smantellamento del welfare e di privatizzazione.
Victor Matteucci – Mediter Italia
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