50 sfumature di grigio
50 sfumature di grigio: poche sfumature, molto grigio nella trama narrativa, che non convince.
La storia essenziale del giovane ricco e intraprendente dal passato oscuro, che seduce una giovane studentessa di letteratura, persuadendola a cadere nella rete dei suoi giochi erotici, non è una novità.
Non sono nuove le scene di sesso, che ripercorrono lontanamente molti stereotipi del cinema classico, da 9 settimane e mezzo e American gigolò. Numerose le battute e le citazioni che rimandano a classici della letteratura, da Jane Austen a Thomas Hardy, passando per Les liasons dangereuses di Laclos.
La regia di Sam Taylor, dietro alla cui cinepresa si nascondono sottilmente i desideri e le curiosità dell’universo femminile, nonostante la sceneggiatura convincente di Kelly Marcel (American Psyco, Saving Mr Banks), si inceppa rovinosamente nei troppi vuoti tra un dialogo e l’altro e nella pause narrative, che lasciano persino spazio alle ilarità dello spettatore.
Il desiderio di voyerismo della regista londinese, che si accende e prende corpo progressivamente nella mente del lettore del libro, si trascina stancamente sullo schermo nelle scene di sesso già viste e riviste.
50 sfumature di grigio non passerà alla storia, neanche rispetto all’eclatante successo della scrttrice E. L. James, non sarà ricordato alla stregua di 9 settimane e mezzo o di American Gigolò, persino per un contenuto più pudico e astutamente attento nei confronti dello spettatore prevenuto, ma colpisce e deve colpire cionondimeno e soprattutto, non per la trama o i contenuti, ma per l’appagamento visivo dei sensi, che si inebriano baudelairaniamente parlando, in una sinestesia di colori e percezioni, nella fisicità dirompente dei corpi nudi e statuari dei due protagonisti: Jamie Doman e Dakota Jonhnson.
Il primo, non è l’attore rude e attempato, Dakota Johnson non è la sensuale e inarrivabile Kim Basinger di 9 settimane e mezzo, ma più di uno spettatore ricorderà, e per un pò, uno sguardo che spacca lo schermo e le labbra languide, nella scena memorabile, questa sì, dell’ascensore.
Interessante la scelta delle colonne sonore “Love Me Like You Do” di Ellie Goulding e “Earned It”di The Weekend.
Perché vederlo:
Appagamento visivo, colonne sonore, sceneggiatura.
Perché non vederlo:
trama inesistente, poca suspense, finale che non convince.