Zelensky apre ad accordo con Mosca
Non segnerà forse la svolta nel conflitto ma di certo è la prima volta che il presidente Volodymyr Zelensky ammette la possibilità di cedere ai russi una parte del proprio territorio in cambio della fine delle ostilità. Un accordo di pace sarebbe possibile, ha detto il numero uno di Kiev in collegamento con alcuni analisti britannici, se Mosca si ritirasse “sulle posizioni del 23 febbraio”, ossia quelle precedenti all’invasione. Tradotto: un compromesso per un cessate il fuoco definitivo potrebbe prevedere il riconoscimento definitivo dell’annessione russa della Crimea e quella parte di Donbass già occupata dal 2014. Un cambiamento radicale per Zelensky, che fin qui aveva sempre ribadito l’integrità territoriale dell’Ucraina e che potrebbe scontrarsi con i falchi del suo governo e con una parte della società civile che non vuole cedere nulla al Cremlino.
Mosca non ha replicato ma dopo un’operazione che ha causato migliaia di morti anche fra il proprio esercito difficilmente potrà accettare la proposta di Kiev.E mentre i toni del presidente ucraino si fanno più morbidi, il 9 maggio si avvicina e proprio lunedì prossimo, nella giornata dedicata alla celebrazione della vittoria russa contro i nazisti, il conflitto iniziato da 72 giorni potrebbe diventare ancora più cruento. Ne sono convinti i vertici di Kiev, che nonostante le smentite di Mosca ritengono probabile, per quella data, il cambio di rotta di Putin; secondo il primo ministro Denis Shmygal, il Cremlino annuncerebbe fra tre giorni la guerra vera e propria e non più l’operazione speciale, com’è stata definita finora l’invasione.
“Siamo a conoscenza” attraverso i servizi di intelligence internazionali “che in Russia c’è un dibattito nelle sfere più alte” a proposito del cambio di strategia e della possibilità di arruolare tutti i riservisti nel caso in cui venisse ufficialmente dichiarato il conflitto in Ucraina. In ogni caso, ha fatto sapere Shmygal durante la visita in Polonia, il Paese è pronto a difendere “libertà, territorio, sovranità, la vita delle nostre famiglie e della nostra terra. Lotteremo per la completa vittoria sull’occupante”.
Sul campo, le principali notizie arrivano da tre fronti distinti. Mariupol resta la località più attenzionata perché rimangono ancora numerosi civili asserragliati nello stabilimento e perché uno dei soldati che difendono la Azovstal ha parlato alla Bbc descrivendo una situazione sempre più critica. Secondo il militare sarebbero stati uccisi due civili durante i bombardamenti e diversi altri sarebbero rimasti feriti. L’altro terreno sempre più caldo è quello del Donbass. Altro fuoco si è riversato oggi sulla città di Lysychansk, diventata nevralgica assieme a Severodonetsk per tentare l’avanzata verso nord e conquistare i due capoluoghi principali, Kramatorsk e Sloviansk. Sono state bersagliate anche le cittadine di Rubizhne, Orikhove, Hirske e Popasna, dove si combatte ininterrottamente dal 24 febbraio. Due persone sono morte e sempre più infrastrutture stanno andando a pezzi.
Infine, l’episodio che ha catturato i titoli quest’oggi riguarda i missili che avrebbero colpito una delle navi più prestigiose della flotta di Putin. L’Ammiraglio Makarov, fra le più imponenti fregate dopo il Moskva affondato nelle settimane scorse, sarebbe stata colpita dall’artiglieria ucraina e secondo Kiev sarebbe in fiamme. Immediata la smentita del Cremlino. Secondo il portavoce Dmitri Peskov, non ci sarebbe nessun incendio a bordo e più in generale, per il responsabile mediatico di Mosca, “l’operazione russa in Ucraina procede come previsto e secondo i piani”. Se sono dichiarazioni di facciata o se davvero l’entourage di Putin ne sia convinto rimane un mistero.
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