World Press Photo a Palermo. Nello stupendo scenario di Palazzo Drago, in via Vittorio Emanuele, ha preso il via ieri la mostra del World Press Photo 2019. Le 144 immagini vincitrici del più importante concorso di fotogiornalismo fanno tappa in Sicilia per il terzo anno consecutivo. L’esposizione itinerante parte ogni anno da Amsterdam, città natale del premio, e raggiunge altre 110 città nel mondo tra cui Palermo. Il capoluogo siciliano torna ad ospitare l’esposizione, forte del successo di pubblico registrato nelle edizioni precedenti.
Tanti i temi affrontati dai fotografi in gara: dalle operazioni delle squadre anti bracconaggio in Zimbabwe alla situazione in Venezuela. Ma l’argomento più ritratto riguarda le migrazioni, e le sofferenze vissute da chi è alla ricerca di una vita migliore per sé e la propria famiglia. La fotografia che si è aggiudicata il primo premio quest’anno è di John Moore, e si intitola “Crying Girl on the Border” (Bambina che piange al confine).
L’immagine ritrae Yanela Sanchez, una bambina dell’Honduras in lacrime mentre la madre, Sandra Sanchez, viene presa in custodia da un poliziotto della frontiera americana a McAllen, in Texas, il 12 giugno del 2018. Dopo che il presidente statunitense Trump ha annunciato tolleranza zero per i migranti al confine, molti genitori sono stati arrestati, separati dai propri figli e inviati in diverse strutture di detenzione.
Tre gli italiani protagonisti della mostra. Tra le foto esposte è presente il reportage “La crisi del lago Ciad” di Marco Gualazzini, fotografo dell’agenzia Contrasto. Gualazzini ha vinto il primo premio per la sezione Ambiente, e si è avvicinato alla vittoria del premio generale di questa edizione. Lorenzo Tugnoli ha vinto invece il primo premio nella sezione Notizie Generali con le foto che raccontano la Crisi in Yemes passando da campi di rifugiati, ospedali e la linea del fronte.
Infine, Daniele Volpe si è aggiudicato il secondo premio foto singole nella sezione Notizie Generali con “Still Life Volcano”, che ritrae il soggiorno di una casa abbandonata in Guatemala, ricoperto di cenere dopo l’eruzione del Volcán de Fuego il 3 giugno scorso.
Ecco le parole di Vito Cramarossa, presidente di Cime, società pugliese organizzatrice di eventi culturali, tra i partner principali in Europa della fondazione World Press: “Quelli immortalati dai partecipanti sono eventi che sembrano lontani da noi, non solo geograficamente. queste foto ci permettono di ricongiungersi con queste realtà. Non è una semplice mostra fotografica, chi la visita esce sempre con delle riflessioni, e magari un riposizionamento personale su certi argomenti.”
“I fotoreporter oggi hanno molta concorrenza, in quanto tutti si sentono fotografi. In realtà, c’è una preparazione dietro difficilmente irraggiungibile per chi non si dedica realmente a questo mestiere. L’estetica è sicuramente importante, ma il messaggio dietro deve essere fondamentale.”
“Ogni anno abbiamo registrato un incremento del flusso di visitatori qui a Palermo, sempre con ottimi riscontri. I nostri guestbook hanno delle belle firme. Avere una finestra per Palermo tra 110 città nel mondo è una soddisfazione.”
Presente anche Manoocher Deghati, pluripremiato fotoreporter iraniano ferito in guerra, ex membro della giuria internazionale della fondazione olandese: “Non è facile definire cos’è un fotoreporter. È chi racconta una storia con immagini, ma per arrivare a farlo sono necessari anni di ricerche, di esperienza, fino ad avere una conoscenza approfondita della storia. E non può mancare una buona dose di coraggio, per stare e continuare a fotografare anche in situazioni difficili. Non si tratta semplicemente di scattare una foto.”
“Il risultato che vedete qui è frutto del lavoro di più di 5000 fotogiornalisti, che hanno inviato più di 100.000 fotografie. Tra tutte queste, la giuria deve compiere un lavoro immenso per scegliere le 144 esposte nella mostra. Siamo bombardati tutti i giorni da immagini su internet e TV, ma queste difficilmente ci rimangono impresse. Venire qui, concentrarsi su ogni singola foto, leggere la didascalia, rende più facile capirla e lascia qualcosa dentro.”
Nel corso dell’esposizione saranno organizzati dei momenti di approfondimento con ospiti internazionali e fotoreporter italiani e siciliani che con le loro storie e fotografie hanno raccontato e raccontano ancora oggi la Sicilia nel mondo.
Tra i protagonisti delle public lecture, che quest’anno per la prima volta saranno ad ingresso gratuito, troviamo il fotoreport siciliano Igor Petyx, corrispondente de la Repubblica, Avvenire e La Stampa, e Francesco Bellina, autore del reportage a bordo della Mare Jonio sul trasbordo dei bambini da una nave all’altra.
Il 28 settembre sarà il turno di un gigante del fotogiornalismo italiano: Letizia Battaglia racconterà la sua carriera insieme a Roberto Timperi.
Il primo appuntamento sarà oggi sabato 7 settembre alle ore 18:30, e vedrà la partecipazione del fotogiornalista palermitano Tony Gentile. Da oltre 30 anni Gentile racconta sulle pagine dei più importanti quotidiani del mondo storie di cronaca, attualità. costume e sport. È inoltre l’autore del celebre scatto che ritrae insieme i giudici Falcone e Borsellino.
Conosco diversi fotografi siciliani, che stanno lavorando molto bene. Da sempre c’è una sorta di continuità in questa terra, la “scuola siciliana”. Quello che però mi chiedo è dov’è il lavoro. Questi giovani che si dedicano con impegno e sacrificio al fotogiornalismo, trovano delle prospettive di crescita oppure no?”
“La situazione non cambia nel resto d’Italia, mentre nel resto d’Europa e del mondo è un po’ più facile venire apprezzati e valorizzati per il proprio lavoro. Io mi auguro che i fotografi lavorino, che ci sia lavoro per loro. Vincere premi è bellissimo, ma questo viene dopo.”
“Mi ha colpito molto la foto vincitrice, per due motivi. Intanto per il tema che affronta, quello delle migrazioni, sempre attualissimo non solo negli Stati Uniti ovviamente. Facendo un parallelo con la nostra situazione politica contemporanea sono contento che esistano immagini di questo tipo per risvegliare la coscienza anche di molti italiani, che al momento mi sembrano un po’ smarriti.”
Mi piace anche che il soggetto protagonista sia una bambina, tra l’altro che in maniera incredibile porta una maglietta dello stesso colore di Alan Kurdi, il piccolo profugo siriano annegato in Turchia. I bambini sono uno dei soggetti più importanti per comprendere la nostra società. Le leggi per la privacy hanno imposto ai fotografi di non fotografare i bambini, e adesso è impossibile raccontare i bambini.”
“Letizia Battaglia, Sellerio, Elliott Erwitt, tanti grandi fotografi hanno fotografato i bambini, perché sono un elemento molto importante della nostra società. Se non ne lasciamo traccia perdiamo consapevolezza del mondo contemporaneo, e tra 30-40 anni non avremo memoria di questo momento. Quindi vedere una foto con al centro un bambino, non camuffato, e che nessuno pensi al problema della privacy, è secondo me molto importante e dovrebbe spingerci a migliorare le leggi in questo senso.”
La mostra sarà visitabile fino a domenica 6 ottobre dal lunedì al giovedì dalle ore 10.30 alle 20.30 (ultimo ingresso alle 19.30); mentre dal venerdì alla domenica dalle ore 10.30 alle 22, con ultimo ingresso alle ore 21.
Foto di Francesco Militello Mirto
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