Weekend al cinema: “Avatar” e “La prima cosa bella”

avatar.jpg Weekend, numericamente, di transizione. Probabile causa di rinvii, defezioni o fughe delle case di distribuzione: il timore di confrontarsi con il film più pubblicizzato dell’anno, già salutato…

avatar.jpg Weekend, numericamente, di transizione. Probabile causa di rinvii, defezioni o fughe delle case di distribuzione: il timore di confrontarsi con il film più pubblicizzato dell’anno, già salutato come simbolo di una nuova frontiera tecnologica e non per niente incentrato su una trasmutazione virtuale. Unici strenui sfidanti: una mamma libera e criticata e un insegnante di mezzo secolo fa devastato dal dolore.

Quindi, è d’obbligo iniziare con Avatar, di per sé un evento poiché segna l’anelato ritorno (l’ultima sua creatura cinematografica era Titanic, risalente al 1997) del regista James Cameron, il quale covava questo progetto da molto tempo ma ha dovuto attendere i progressi della tecnica per realizzarlo. È la storia del marine paraplegico Jake Sully, inviato sul pianeta Pandora, preziosa risorsa energetica, in missione in forma di ibrido (un corpo organico teleguidato, generato dall’unione tra il codice genetico umano e quello degli indigeni). Giunto a destinazione, il nostro, per una serie di circostanze, deve rivedere le sue priorità. Nel cast Sigourney Weaver in carne e ossa, Zoe Saldana rivista al computer e il protagonista Sam Worthington un po’ e un po’.

Guai di portata più quotidiana per Valerio Mastandrea e Claudia Pandolfi, alle prese con una madre troppo vitale (Stefania Sandrelli) che per il suo carattere, come si racconta in flashback (nelle parti in cui la genitrice ha il volto di Micaela Ramazzotti), è spesso stata, inconsapevolmente, fonte di liti, imbarazzi, incomprensioni. Il titolo di quest’ultima incursione livornese di Paolo Virzì è La prima cosa bella. Il gruppo di attori è rabboccato da Marco Messeri, Dario Ballantini, Fabrizia Sacchi, Isabella Cecchi, Sergio Albelli e Paolo Ruffini.

Per chiudere, l’esordio dietro la macchina da presa dello stilista Tom Ford, A Single Man, tratto da un romanzo di Christopher Isherwood e valso all’interprete principale, il sempre apprezzabile Colin Firth, la Coppa Volpi al festival di Venezia lo scorso settembre. La pena di un professore universitario di mezza età, fortemente provato dalla recente scomparsa del suo compagno, alleviata dall’amicizia con un’affascinante signora (Julianne Moore). Sullo sfondo, un’angoscia più estesa: siamo negli Stati Uniti e corre il delicato periodo della crisi dei missili di Cuba.

a cura di Massimo Arciresi

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