RIPOSTO (CT) – Da Londra al mare dell’Etna. Dai tratti ambigui e distorti, alla rotondità dell’immagine. Dal un’identità acquisita ad un’esistenza affettiva. Un viaggio a ritroso, che parte dal punto di arrivo e ritorna al punto di partenza: Seb Patane lavora su sostrati che appartengono al passato, che lui fa transitare nel presente, regalando loro una consistenza vulnerabile.
Si intitola “Vorrei Regnare” la mostra di Seb Patane ospitata a Riposto (CT), Palazzo Vigo, dal 29 luglio al 20 agosto,
Opere di Seb Patane appartengono a prestigiose collezioni pubbliche, dal British Museum di Londra, al MoMa di New York; ma anche al Belvedere di Vienna; al Macro di Roma e al Migrosmuseum di Zurigo. Il titolo della personale di Riposto, “Vorrei Regnare” è preso in prestito da una canzone del musicista italiano Garbo, al quale Patane si sente artisticamente legato fin da adolescente.
“Vorrei vivere di più
Vorrei regnare sulle cose che cambiano… i volti
vorrei regnare sulle cose che cambiano… che cambiano
Nelle parole di “Vorrei Regnare”, Patane vede un desiderio di conquista, ma anche l’ammissione di un fallimento romantico. E’ lo stesso Garbo a collaborare all’opera che porta il titolo della mostra: una piccola barca di legno che presidia, vulnerabile e trionfante allo stesso tempo, il cuore dello spazio espositivo. Il nome della barca riproduce la calligrafia del cantante che richiama la tradizione classica dei pescatori.
Biografia, proprietà artistica, abilità fisica, idee e voglia di evasione, diventano un tutto inestricabile. Ma è l’intera personale a giocare sulla dicotomia avvertita da Seb Patane tra le sue origini e la nuova, intima, esistenza inglese iniziata 25 anni fa. Questi concetti, anche alla luce dei risvolti politici recenti, permettono di interrogarsi sull’incertezza
“La mostra nasce dalla richiesta del mio amico Salvo Pennisi di realizzare una mostra nel paese dove sono cresciuto – racconta Seb Patane -. Vivere in Inghilterra negli ultimi 25 anni mi ha fatto riflettere su una sorta di duplicità dell’essere, non solo emotivo, ma pure culturale e politico. Ho sviluppato una ricerca personale su cosa possa significare il proprio background, e se questioni di appartenenza possano essere rilevanti o meno”.
“Alla luce della disastrosa Brexit, mi chiedo se la libertà di inventarsi una propria identità a sfaccettature e localizzazioni multiple, possa venire attaccata e diluita. Di identità in un certo senso la mostra tratta; parto da situazioni cerebrali ma anche solide, autobiografiche, da trasferire su un discorso più ampio e globale. Cicli, figure, ricordi e risvegli psicologici che tornano, realizzazioni e questioni da risolvere, traumi, ansie, forse, sogni, aspirazioni, contatti e contrasti da affrontare; il tutto ripeto nella speranza che la mia esperienza personale però lasci la mia mente e si traduca in qualcosa di universale con la quale i visitatori della mostra possano interagire”.
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