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di redazione
E’ ancora in Thailandia, Vito Roberto Palazzolo, 64 anni il finanziere nato a Terrasini con cittadinanza italiana e sudafricana. Su di lui pende una condanna definitiva a 9 anni per associazione mafiosa che non gli aveva impedito di gestire miniere, commercializzare diamanti, fornire servizi, ottenere appalti. Del resto nelle carte dei processi viene descritto il suo ruolo di cerniera tra l’imprenditoria internazionale e le cosche. Per i giudici italiani Vito Roberto Palazzolo era solo una delle principali menti finanziarie della mafia. E nel paese di Mandela era andato a riciclare, da latitante indisturbato, i tesori di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Ma il 31 marzo scorso, Palazzolo, su indicazione dell’interpool è stato bloccato a Bangkok, dove da ieri si trova il suo avvocato Baldassarre Lauria per incontrare i suoi colleghi locali per decidere cosa fare. ‘Ormai si tratta di una detenzione illegale ‘ dice Lauria ‘ I termini del fermo sono abbondantemente scaduti. Domani esaminerò la situazione con gli altri avvocati’. I legali di Palazzolo chiedono che venga rilasciato perché i termini del fermo per l’espulsione sono scaduti. L’Italia ha chiesto alla Thailandia il rimpatrio del mafioso, che in Sudafrica gestisce attività milionarie, ma le autorità thailandesi non hanno ancora deciso se consegnare Palazzolo che nel nostro Paese deve scontare la condanna. Secondo l’avvocato Lauria, l’ambasciatore sudafricano ha chiesto gli atti del procedimento all’alta corte sudafricana che ha deciso la non estradibilità di Vito Roberto Palazzolo. Dal punto di vista del diritto internazionale, il caso è complicato e le autorità asiatiche sembrano tentennare. ‘Per noi Palazzolo – afferma l’avvocato Baldassare Lauria ‘ è un cittadino sudafricano e per questo deve tornare in Sudafrica. Di parere opposto la Procura di Palermo che ha già inviato in Thailandia un grosso dossier per chiedere il rimpatrio del finanziere ritenuto legato a doppio filo con i boss. Da 25 anni il Sudafrica era diventato la sua vera patria nella quale si era affrancato non solo dai conti aperti con la giustizia italiana ma anche dalla condanna a tre anni e mezzo che i giudici svizzeri gli avevano inflitto per operazioni finanziarie collegate a ‘Pizza connection’, la grande inchiesta sul narcotraffico condotta da Giovanni Falcone. Ormai da un paio di mesi la Procura di Palermo e l’Interpol erano sulle tracce di Vito Roberto Palazzolo. Gli investigatori dell’Interpol l’avevano appreso grazie a una notizia confidenziale, poi confermata da indagini sul campo. Così, era subito partita dall’Italia una richiesta di arresto temporaneo. A partire dallo scorso gennaio, infatti, il Nucleo investigativo in collaborazione con il Ros ha avviato una serie di indagini, coordinate dalla Dda di Palermo e sviluppatesi attraverso intercettazioni telematiche (profili di Facebook e di altri social network riferibili al latitante e al nucleo familiare) e tramite l’acquisizione di notizie da fonti confidenziali. Le indagini hanno consentito di documentare il viaggio di Palazzolo in Thailandia, paese che, a seguito di attivazione da parte del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, ne ha consentito il fermo. Adesso si attende la contestuale traduzione in Italia per la consegna alle autorità competenti.
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