Sono partiti da La Spezia e da Taranto in direzione delle coste libiche, con l’ordine di fermarsi al confine con le acque territoriali. Sulla carta si tratta di una esercitazione, ma è evidente che lo spostamento preventivo è legato alla necessità di ridurre i tempi di intervento, se la situazione dovesse precipitare. Ovviamente si è cercato di tenere sotto silenzio la mossa, ma sono diverse le fonti accreditate che hanno confermato la circostanza.
L’ordine di allerta è stato diramato giovedì scorso e la partenza sarebbe avvenuta nel primo pomeriggio di venerdì.
I militari del reggimento San Marco sono arrivati a La Spezia nel cuore della notte, e si sono acquartierati presso la caserma del Comsubin (Comando subacquei e incursori), al Varignano, il promontorio a ovest del golfo ligure, dove gli incursori stavano già predisponendo il materiale necessario per la spedizione. Tutti si sono poi imbarcati su nave San Giorgio che era stata fatta arrivare da Brindisi, dove risiede stabilmente.
La minaccia dell’ISIS di danneggiare il gasdotto che parte della Libia e raggiunge la Sicilia ha determinato la decisione non più rinviabile.
Non è ancora un’azione di guerra, ma una misura di prevenzione contro attacchi armati che potrebbero pregiudicare gli interessi economici e strategici dell’Italia, rappresentati in atto da Greenstream, il gasdotto subacqueo dell’Eni che parte dalla stazione libica di Mellitah, dove il gas viene compresso per essere immesso nelle tubature ed il terminale di ricevimento di Gela.
Una struttura lunga 520 km, gran parte dei quali sottomarini, che a terra viene al momento protetta dai soldati del governo di Tobruk, eletto e quindi riconosciuto dalla comunità internazionale.
Come abbiamo già scritto ieri, le zone intorno a Tripoli, compreso l’aeroporto ormai chiuso al traffico civile, sono teatro di scontri sanguinosi.
Ed è ovvio che Mellitah è diventato un territorio strategico per le milizie dell’ISIS, che più volte ha dichiarato la sua intenzione di distruggere il gasdotto. La presenza di nave San Giorgio a ridosso delle coste libiche risponde a due necessità: monitorare con le tecnologie avanzate il percorso sottomarino del gasdotto, evitando azioni di guerriglia, finalizzate al sabotaggio ed essere pronti a sbarcare le truppe di terra, qualora i militari regolari libici non fossero in grado di difendere l’accesso al gasdotto.
Che si tratti di una missione di lunga durata è testimoniato dalla circostanza che le operazioni di carico a La Spezia sono proseguite tutta la notte di giovedì con lance e imbarcazioni piene di derrate alimentari e strumentazioni militari.
Secondo il protocollo operativo delle missioni, la San Giorgio dovrebbe far tappa nel porto di Augusta per riempire nuovamente i serbatoi di carburante e partire rapidamente alla volta delle acque libiche.
Gli ordini sono chiari: in questa fase l’atteggiamento sarà esclusivamente difensivo, almeno fino a quando l’ONU non deciderà le modalità di intervento della coalizione internazionale.
La San Giorgio è solo l’avamposto dello schieramento bellico: gran parte della flotta militare italiana sarà impegnata nei prossimi giorni in una esercitazione fra il Tirreno e lo Ionio, con l’obiettivo non dichiarato di essere pronti a qualsiasi sviluppo della situazione libica.
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