ROMA (ITALPRESS) – Oltre il 90% dei medici considera il fumo un’emergenza sanitaria e approfondisce l’abitudine tabagica del paziente, avvalendosi in oltre due casi su tre del supporto di una cartella clinica, e circa il 60% riferisce che i propri pazienti dicono di sentirsi meglio (meno tosse e più fiato) dopo il passaggio dalla sigaretta tradizionale ai prodotti a tabacco riscaldato; fermo restando che la cessazione rimane il principale obiettivo, quasi la metà dei medici intervistati ritiene che i prodotti senza combustione potrebbero rappresentare una valida alternativa per i fumatori che altrimenti continuerebbero a fumare. E’ quanto emerge dall’indagine realizzata dall’Istituto Piepoli su consumatori, medici italiani e prodotti innovativi senza combustione, commissionata da Philip Morris Italia e realizzata in collaborazione con l’Associazione dei consumatori Adiconsum, presentata oggi a Roma.Dai risultati emerge che meno di un intervistato su dieci chiede ai propri pazienti se utilizza prodotti senza combustione: le ragioni di ciò potrebbero anche essere individuate nella difficoltà nel reperire informazioni sui prodotti innovativi senza combustione riscontrata da quasi la metà degli intervistati, con due medici su tre che dichiarano di essere venuti a conoscenza di tali prodotti tramite passaparola (amici, parenti, colleghi). Solo un residuale 15% ha appreso dell’esistenza di tali dispositivi in occasione di eventi congressuali.“Per un’efficace protezione della salute dei cittadini rispetto ai rischi legati al fumo, sono necessarie due cose: la prima è la prevenzione, attraverso l’educazione nelle scuole e il controllo sull’accesso dei minori a tutti i prodotti; la seconda è l’informazione al pubblico generale dei consumatori, che deve consentire a ciascuno di conoscere i rischi e le differenze tra le varie tipologie di prodotti, valutando eventuali vantaggi delle alternative che oggi sono disponibili”, ha detto Carlo De Masi, Presidente di Adiconsum. “L’obiettivo comune deve essere orientare le persone a non fumare” ma, se proprio devono, informarle sul fatto che “il fumo da combustione è sicuramente meglio di quello tradizionale. Partendo da questi due concetti, la mia proposta è costituire, anche con le istituzioni e la società scientifica, un osservatorio permanente per contribuire all’orientamento alla formazione e all’educazione sociale su questa tematica”, ha spiegato De Masi.“Per affrontare quella che 9 medici su 10 considerano una vera emergenza sanitaria, la maggioranza dei medici italiani coinvolti nell’indagine conferma l’importanza di una maggiore informazione sui prodotti innovativi senza combustione, da ottenere attraverso un ruolo attivo delle istituzioni e una continua ricerca scientifica. La maggioranza dei medici conferma anche quanto già affermato dai consumatori coinvolti nella prima fase dell’indagine, che avevano riferito di aver ottenuto benefici personali nel passaggio da prodotti tradizionali a prodotti innovativi senza combustione”, ha aggiunto Livio Gigliuto, Presidente Esecutivo dell’Istituto Piepoli.“La ricerca fa emergere una certa confusione e una non perfetta conoscenza della problematica. Il fumo rappresenta uno dei rischi maggiori e causa di malattie. L’informazione deve essere precisa anche nel medico di medicina generale, perchè ha un approccio più diretto con il paziente e può spiegare in maniera più evidente il danno da fumo. Spesso, come abbiamo visto dalla ricerca, non si va oltre la domanda ‘quante sigarette fumà, senza approfondire. Proprio perchè l’Italia ha percentuali molto elevate di fumatori in Europa, il Sistema sanitario nazionale non può sottovalutare la questione del fumo, insieme a ictus e ipertensione per la salute delle persone. Anche le società scientifiche possono fare di più e aprire spazio sulla riduzione del danno e lo stanno facendo con iniziative congressuali”.Per il vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera, Luciano Ciocchetti, “finora in Italia abbiamo avuto un approccio ideologico e l’Italia non ha voluto affrontare il tema della riduzione del danno. Questo approccio ci porta a proibire tutto, senza avere il coraggio di affrontarlo in termini di informazione, formazione, studi scientifici. Quello che siamo riusciti a fare è stato mettere immagini truci sui pacchetti di sigarette anzichè dare informazioni sulle alternative alle sigarette tradizionali”, ha ricordato.“Il nostro obiettivo deve essere quello di portare più persone possibile a non fumare o a smettere, ma a chi non riesce a smettere dobbiamo dare una corretta informazione con linee guida emanate dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità sulle possibilità alternative che possano portare a una riduzione del danno”, ha aggiunto. “E’ il momento di uscire da questa logica ideologica, dando informazione sui rischi, formando i medici e in particolare quelli di medicina generale e offrire opportune alternative a chi vuole smettere. Nella XII Commissione si sono svolte le audizioni sul Piano europeo per la lotta al cancro: come Commissione, possiamo inserire un documento riferito a questo ragionamento, a un rapporto migliore con le autorità e le società scientifiche perchè chi non vuole smettere venga a conoscenza della riduzione del danno. Questo è un percorso su cui lavorare impegnando governo e associazioni scientifiche, per elaborare delle strategie alternative di informazione e formazione di medici e dei consumatori sulla riduzione del danno. Non c’è unità d’intenti tra partiti, ma spero ci possa essere un impegno verso il governo, perchè il proibizionismo non è la soluzione al problema”, ha concluso.L’indagine mostra che la quasi totalità del campione (il 92%) ritiene che la medicina basata sulle evidenze possa applicarsi al settore della riduzione dei rischi da fumo di sigaretta; il 97%, inoltre, afferma che le autorità regolatorie dovrebbero valutare le strategie di riduzione dei rischi determinati dal fumo di sigarette senza pregiudizi ideologici. Secondo il 92% dei medici intervistati le Istituzioni sanitare dovrebbero investire maggiormente in programmi dedicati ad aiutare i fumatori a smettere di fumare. Tra questi, oltre il 70% degli intervistati ritiene che questo dovrebbe avvenire integrando le strategie già esistenti (quali numero verde e centri antifumo) con strategie tecnologicamente innovative. Quasi l’80% dei medici intervistati, infine, ritiene che, a fronte di numerose evidenze scientifiche che indicherebbero che i prodotti a tabacco riscaldato possono rappresentare una valida alternativa per i fumatori adulti in una logica di potenziale riduzione del rischio, lo Stato dovrebbe promuovere un riconoscimento dell’importanza di un approccio di riduzione del rischio, incoraggiando i fumatori che non smettono a passare ad alternative senza combustione.
– foto xi2/Italpress –
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