Turisti curiosi, giornalisti e televisioni di tutto il mondo, un anno fa, hanno assediato il cimitero di Montelepre per assistere all’apertura del feretro dove sarebbe sepolto Salvatore Giuliano. Un circo mediatico rimasto a bocca asciutta, perché ad oggi, l’esame del Dna eseguito sui resti trovati nella tomba della cappella gentilizia della famiglia Giuliano, non ha portato ad una identificazione certa. Dopo 61 anni rimane avvolta nel mistero la morte del re di Montelepre, ucciso per la storia, il 5 luglio del 1950 a Castelvetrano. Ma il sospetto che quello seppellito nel cimitero di Montelepre sia un sosia, da sempre sollevato da studiosi, resta, anche ai pm di Palermo che lo scorso anno hanno aperto un indagine per omicidio e sostituzione di cadavere. Il silenzio calato, in quasi un anno di indagini, dall’avvenuta riesumazione della salma sepolta nella necropoli monteleprina, lascia intuire i condizionamenti dettati sul caso dal Segreto di Stato. Ad avvalorare l’ipotesi il nuovo giallo sulla sparizione del fascicolo aperto subito il suo omicidio. I pubblici ministeri che hanno riaperto l’inchiesta hanno cercato invano l’incartamento per esaminare il referto firmato dal medico legale dopo il decesso. Ma continua a non esserci traccia ne delle conclusioni dell’esame autoptico, né del fascicolo. Quest’ultima notizia è stata diffusa un mese fa. Intanto, in attesa del deposito ufficiale della consulenza degli esperti che hanno comparato il dna trovato con quello del nipote Giuseppe Sciortino e su quello trovato in alcuni oggetti appartenuti al bandito con quello del corpo sepolto e riesumato ‘ ufficiosamente i consulenti hanno già detto che il dna estratto dagli abiti esaminati non è sufficiente per arrivare a una conclusione certa sull’identità del cadavere. L’inchiesta, dunque, resta aperta e non è escluso che i pm decidano di riesumare le salme dei genitori di Salvatore Giuliano, per mettere fine ai dubbi sulla morte del bandito e archiviare il sospetto che ad essere ucciso sia stato un sosia e che Giuliano sia fuggito in America con la complicità dello Stato e dei servizi segreti americani. Il fascicolo che oggi si da per dissolto, con molta probabilità, sarà scivolato tra gli incartamenti, top secret, della storica inchiesta che da 61 anni continua a negare la verità ai monteleprini. La desecretazione degli atti è prevista nel 2016, ma sui contenuti del dossier non vi sono molte aspettative. Troppe ombre oscurano la storia del banditismo in Sicilia e i dubbi e le perplessità sollevate da sempre rischiano di restare senza una risposta. I poteri, le strategie e gli interessi occulti che vi ruotano attorno lasciano già presagire le conclusioni. Ciò che si cela dietro la strage di Portella della Ginestra, rimarrà un mistero. Le responsabilità di cui avrebbero dovuto rispondere alcuni pezzi dello Stato sarebbero troppo gravi e penose.
(Teleoccidente)
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