Ucraina, pochi passi avanti nei colloqui di pace, guerra non si ferma
KIEV (ITALPRESS) – Dodicesimo giorno di battaglia in Ucraina, e terzo round di incontri tra le delegazioni. Ma la pace si allontana. Alle 16 ore locale, si sono seduti attorno a un tavolo in Bielorussia i medesimi delegati degli altri due incontri, che per ora non hanno avuto alcun esito. Come questo.Dopo circa quattro ore, si è usciti di nuovo con un nulla di fatto.
“Ci sono piccoli sviluppi positivi nel miglioramento della logistica per i corridoi umanitari” ha annunciato su Twitter il consigliere di Vladimir Zelensky, Mykhailo Podolyak. Sul cessate il fuoco e garanzie della sicurezza, si discuterà nel prossimo incontro, ha aggiunto. Prima dell’incontro il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva dichiarato: “Non siamo noi a portare via il Lugansk e il Donetsk all’Ucraina, ma sono il Donetsk e il Lugansk che non vogliono essere parte dell’Ucraina. Ciò non significa che debbano per questo essere distrutti. Per il resto l’Ucraina è uno Stato indipendente che vivrà come vuole ma in condizioni di neutralità”. Parole che però cozzano con la realtà, a cominciare proprio dal tema dei corridoi umanitari. A partire dalle 10 di oggi ne erano stati aperti sei, secondo il ministero della Difesa russo, che avrebbero dovuto consentire di lasciare Kiev, Mariupol, Kharkiv e Sumy. Peccato che questi corridoi portassero tutti verso Bielorussia e Russia. Una decisione che l’Ucraina ha descritto come “immorale”. E’ chiaro che i civili sotto i bombardamenti russi, scelgano di non essere evacuati in Russia o in Bielorussia. Uno schema che ripete quanto Mosca fece in Siria, quando i corridoi creati da Putin erano tutti diretti verso Amman, così che chi voleva fuggire da Assad, non ne aveva modo.
Allo stesso modo, le immagini dei profughi in fuga verso la Russia avrebbero un forte impatto sulla propaganda putiniana, soprattutto interna. Infine sul fronte economico, mentre il rublo sprofonda ancora e la Borsa di Mosca resta ancora chiusa, la notizia del giorno è l’inserimento dell’Italia tra i “Paesi ostili”, per aver applicato o per essersi uniti a sanzioni contro Mosca, insieme tra gli altri a Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera e il resto dell’Unione Europea. Per l’Italia, questa decisione mette a rischio i circa 25 miliardi di capitali di alcune nostre imprese, banche in primis.