Ucraina e Grecia: lo spettro dell’Europa forte con i deboli e debole con i forti
Per chi è cresciuto con il mito dell’Europa, coltivato dai padri dell’unificazione Adenauer, Schumann e De Gasperi, i giorni che stiamo vivendo sono il crollo di tutte le illusioni. E non si tratta di essere antieuropeisti o di cercare alternative con la Le Pen o con Salvini (personaggi che danno la misura del deterioramento della politica) ma solo di guardare, con distacco e obiettività, quanto sta accadendo sullo scenario europeo.
La crisi Ucraina sul piano della politica estera e la crisi greca su quello economico, sono lo specchio della deriva che ha preso l’Europa da Maastricht (1992) in poi: al tavolo delle trattative con Putin non ci sono né Junker, presidente della Commissione Europea, né tanto meno la Mogherini, Alto (?) rappresentante per la politica estera: ci sono la Merkel e Holland, Germania e Francia i due Stati che, storicamente, hanno sempre deciso le sorti dell’Europa nell’era moderna.
Nemmeno al tavolo con Tsipras c’è traccia dell’Europa politica: non pervenuti i rappresentanti della Commissione Europea, sono la solita Merkel e la Banca Centrale Europea a fare la voce grossa, mostrando i muscoli con uno Staterello (sia detto con rispetto per il ruolo gigantesco giocato dalla Grecia agli albori della civiltà) sull’orlo del collasso economico, per l’insipienza dei suoi governanti (che truccavano i conti) e per i giochetti della finanza europea.
Qualcuno se la prende con Junker e la Mogherini, attribuendo alla loro pochezza personale l’esclusione dai tavoli che contano. E’ esattamente il contrario: Junker e la Mogherini, un lussemburghese e una quarantenne senza passato, occupano quei posti di vertice proprio per la loro irrilevanza personale.
Qualcuno sostiene che se è vero che l’Europa politica non esiste, l’Euro tiene in piedi la nostra economia, attraverso inflazione e spread ai minimi che rendono sostenibile il nostro enorme debito pubblico.
Anche qui basta guardare le cifre: l’Italia, pur essendo al 12 posto nell’UE come PIL pro capite, è il terzo contributore dell’Europa: nel 2012 ha versato 16,4 miliardi e ne ha ricevuti 10,7, con un saldo negativo di 5,7 mld: se allarghiamo l’osservazione al periodo 2007 – 2012 l’adesione all’Europa ci è costata 26,7 mld di euro.
Ma la situazione reale è ancora peggiore perché dei miliardi ricevuti, ne abbiamo spesi solo poco più della metà (e al Sud ancora di meno), a causa di meccanismi di spesa che potremmo definire “infernali”: adempimenti burocratici e progettuali astrusi, obbligo di cofinanziamento da un lato e dall’altro il patto di stabilità che impedisce alla maggior parte delle pubbliche amministrazioni di stanziare il cofinanziamento.
Certo inflazione (in atto quasi deflazione) e spread sono ai minimi storici, ma questo solo perché le politiche di austerità imposte dall’alto soffocano la crescita e drenano risorse dai cittadini trasferendole sul circuito finanziario per garantire i bilanci delle grandi banche: L’Europa che ruba ai poveri per dare ai ricchi.
Chi scrive queste cose, ritiene di avere una solida matrice liberal- democratica e non è mai stato affascinato dalle suggestioni della filosofia marxiana o del socialismo reale: osserva soltanto con occhio distaccato quanto sta avvenendo nel vecchio (in tutti i sensi) Continente.
L’Unione Europea va rifondata su basi politiche o sciolta senza ulteriori indugi: così come è procura solo danni.