Truffa ed estorsione: differenze in caso di minaccia
“Ti rompo la faccia…” oppure “Non farmi diventare cattivo…”: queste le espressioni incriminate!
Secondo i Giudici della Corte di Cassazione, “il criterio distintivo tra la truffa e l’estorsione, allorquando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel DIVERSO MODO di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della persona offesa.
Ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e, comunque, non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta in modo che il soggetto passivo non è coartato nella sua volontà, ma si determina alla prestazione costituente l’ingiusto profitto dell’agente perché tratto in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente.
Si configura l’estorsione, invece, se il male viene indicato come CERTO e REALIZZABILE ad opera del reo o di altri, onde l’offeso è posto nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato”.
Inoltre, “ricorre il delitto di estorsione CONSUMATA e non tentata nel caso di consegna da parte della vittima all’estorsore di una somma di denaro sotto il diretto controllo della polizia giudiziaria, che immediatamente dopo provveda all’arresto del responsabile, in quanto l’adoperarsi della vittima affinché si giunga all’arresto dell’autore della condotta illecita integra una delle molteplici modalità di reazione soggettiva della persona offesa allo stato di costrizione in cui versa, senza eliminarlo” (Cass. Sent. n. 31272/2022).