Truffa anziani con finti carabinieri, base ad Arezzo: dodici arresti. I carabinieri della Compagnia di Arezzo, con il supporto del Comando Provinciale di Napoli, hanno dato esecuzione ad un’ ordinanza di applicazione di misura cautelare nei confronti degli indagati. Sono persone ritenute responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe a danno di anziani.
Il provvedimento restrittivo costituisce l’epilogo di un’articolata e complessa attività investigativa, avviata nel novembre 2016, a seguito di una serie di truffe consumate nel territorio della provincia di Arezzo. Ha permesso di individuare e ricostruire un’organizzazione malavitosa di soggetti originari e residenti in provincia di Napoli che commettevano raggiri a persone anziane in tutta Italia.
I truffatori agivano sempre con il medesimo “modus operandi”. Le vittime venivano individuate consultando i siti internet specializzati (www.elenchitelefonici.it; www.paginebianche.it; www.trovanumeri.com).
I telefonisti si presentavano a persone anziane vittime come carabinieri, avvocati o agenti di società assicurative. Rappresentavano generalmente un grave sinistro stradale dove era rimasto coinvolto un prossimo congiunto della vittima (solitamente un figlio o un nipote) e che per conferma della cosa potevano chiamare il “112”.
Facevano sì che ciò avvenisse senza che la parte offesa riattaccasse il telefono. Una volta sentito digitare i tre tasti, un altro soggetto telefonava qualificandosi come carabiniere confermando alla vittima quanto già anticipato dall’altro complice.
In questa fase, i truffatori cercavano di carpire alla vittima più dati personali possibili e soprattutto se la stessa si trovava in casa da sola.
Il passaggio successivo era quindi da parte del telefonista di chiedere alla vittima il pagamento di una “cauzione” di alcune migliaia di euro. Questo affinché il congiunto potesse riacquistare la libertà evitando di andare incontro a sanzioni penali o amministrative, facendosi dire per telefono sia il contante posseduto che gli oggetti in oro (alcune volte, facendoglieli addirittura pesare per capirne il valore).
In alcune circostanze la vittima veniva “rimbalzata” tra più telefonisti al chiaro scopo di aumentarne l’angoscia e la confusione e indurla così al pagamento.
Quando la truffa andava a segno, il sedicente carabiniere concludeva il colloquio indicando alla vittima un avvocato o incaricato dell’assicurazione che si sarebbe recato presso la sua abitazione per ritirare quanto preteso, che spesso, oltre ai soldi, si trattava di monili in oro, e ogni oggetto di valore, poi rivenduti presso compro oro compiacenti.
Le somme richieste arrivavano anche a superare i settemila euro. Gli anziani contattati, tenuti al telefono anche per più di un ora, venivano letteralmente sconvolti dalla notizia che un loro parente poteva essere coinvolto in un sinistro stradale, ed inoltre avere guai con la giustizia.
Dopo la consumazione della truffa, le vittime rimanevano scioccate dal fatto di essere stati raggirati e di avere perduto, molte volte, i ricordi di una vita, come fedi, ricordi dei coniugi o di parenti defunti.
Gli indagati, tutti residenti nel napoletano, avevano ognuno un proprio ruolo nel sodalizio. Vi era l’organizzatore, il quale dirigeva il gruppo individuando le vittime e distribuendo i compiti ad ognuno; gli incaricati del supporto logistico che si occupavano del reperimento delle “sim card” , spesso intestate a ignari soggetti stranieri, e del noleggio di autovetture usate per gli spostamenti; i telefonisti, che contattavano le vittime da Napoli; gli emissari, che, pronti nelle vicinanze delle abitazioni degli anziani, al segnale ricevuto dai telefonisti, si presentavano per riscuotere quanto preteso.
Per eludere eventuali indagini, i truffatori adottavano alcune cautele come cambiare frequentemente la zona di azione, sostituendo con regolarità i cellulari e le “schede sim” utilizzate, così come rivolgersi a diversificate società di noleggio auto per i mezzi utilizzati.
Le indagini hanno riguardato 70 truffe, tra tentate e consumate, compiute, tra il novembre 2016 e il marzo 2017, in Toscana, Liguria, Umbria, Lazio, Abruzzo e Puglia, quantificando in circa 200.000 euro il valore complessivo sottratto alle vittime.
Al termine delle operazioni di cattura e foto segnalamento, i destinatari delle misure cautelari, sono stati condotti presso la casa circondariale di Napoli Poggioreale e presso i rispettivi domicili.
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