Tre ordini di custodia per indagati nella nuova inchiesta sulla strage di Via D’Amelio

La Dia sta eseguendo un’ordinanza di custodia del Gip di Caltanissetta per tre indagati nella nuova inchiesta sulla strage di Via D’Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Riguarda uno dei presunti mandanti, il boss Salvatore Madonia, e due esecutori, Vittorio Tutino e S…

di redazione

La Dia sta eseguendo un’ordinanza di custodia del Gip di Caltanissetta per tre indagati nella nuova inchiesta sulla strage di Via D’Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Riguarda uno dei presunti mandanti, il boss Salvatore Madonia, e due esecutori, Vittorio Tutino e Salvatore Vitale. Il provvedimento è stato notificato dalla Dia in carcere a Madonia e Tutino, perché già detenuti, e nella casa di cura in cui è ricoverato agli arresti domiciliari per gravi patologie a Vitale. L’ordinanza scaturisce dall’inchiesta aperta dalla Procura nissena sulle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che ha portato alla revisione dei processi ‘Borsellino’ e ‘Borsellino-bis’ davanti la Corte d’appello di Catania. Lo stesso pentito è indagato, così come Madonia, Tutino e Vitale, per strage aggravata. Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere c’è anche il ‘pentito’ Calogero Pulci. Il collaboratore di giustizia è stato arrestato dalla Dia per calunnia aggravata per le sue false dichiarazioni nel processo ‘Borsellino-bis’. Agevolare l’associazione mafiosa e avere agito anche per fini terroristici. Sono le aggravanti contestate dalla Procura di Caltanissetta al boss Salvatore Madonia, in qualità di mandante, e ai presunti esecutori della strage di via D’Amelio, Vittorio Tutino, Salvatore Vitale e il pentito Gaspare Spatuzza. È la prima volta che questo tipo di reato è ipotizzato per le stragi di mafia commesse nel 1992 a Palermo, in cui morirono i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le loro scorte. Il giudice Paolo Borsellino fu ucciso dalla mafia, il 19 luglio del 1992 in Via D’Amelio, assieme a cinque agenti di polizia della sua scorta perché il boss Totò Riina lo riteneva un “ostacolo” alla trattativa con esponenti delle istituzioni, che gli “sembrava essere arrivata su un binario morto” e che per questo il boss dei boss voleva “rivitalizzare” con la stagione delle stragi. È la ricostruzione dell’attentato fatta dal Gip di Caltanissetta Alessandra Bonaventura Giunta, accogliendo le richieste della Dda della Procura di Caltanissetta, nella nuova inchiesta che è sfociata nelle ordinanze eseguite dalla Dia sulla strage. “La tempistica della strage – scrive il giudice – è stata certamente influenzata dall’esistenza e dall’evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle istituzioni e Cosa nostra”. Per la Procura dalle indagini è “risultato che della trattativa era stato informato anche il dott. Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest’ultimo elemento – osservano i Pm – aggiunge un ulteriore tassello all’ipotesi dell’esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale ‘ostacolò da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage”. Secondo la Procura di Caltanissetta, “questa conclusione è legittimata, tra l’altro, dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Giovanni Brusca a proposito dell’ordine ricevuto da Salvatore Riina di sospendere, nel giugno 1992, l’esecuzione dell’attentato omicidiario nei confronti dell’on. Calogero Mannino perché c’era una vicenda più urgente da risolvere”. Mannino, ex ministro democristiano e segretario della Dc siciliana, è stato di recente iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Palermo nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa, per ipotetiche pressioni che avrebbe esercitato all’epoca delle stragi per un ammorbidimento del regime carcerario del 41 bis.