Terrorismo, Cartabia “Pagina da chiudere, ma non è vendetta”
ROMA (ITALPRESS) – «Questa vicenda si protrae da oltre quattro decenni. Dietro questa svolta c’è un lavoro che ha coinvolto negli anni vari soggetti a più livelli. Sin dal mio primo colloquio col ministro della Giustizia francese ho percepito una chiara sensibilità alla portata storica e politica del problema, un’umana partecipazione al dolore delle vittime e una netta determinazione ad impegnarsi per porvi rimedio. Non so se le origini italiane del ministro Dupond-Moretti, di cui va molto fiero, possano aver giocato un ruolo. Decisivo è stato anche il fatto che, mai come ora, tutte le nostre istituzioni si sono mosse in modo compatto e tempestivo. Una modalità d’azione, a cui ispirarsi sempre». Lo dice, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro della Giustizia Marta Cartabia a proposito degli arresti degli ex brigatisti italiani ieri in Francia.
Nel colloquio con Dupond-Moretti “ho ribadito con fermezza l’importanza del fattore tempo, avendo ben presente il calendario delle imminenti prescrizioni. La prossima sarebbe stata il 10 maggio. E ho voluto anche fare chiarezza una volta per tutte sul duplice equivoco, che per anni ha ostacolato la concessione delle estradizioni: anzitutto stiamo parlando di persone condannate in via definitiva per reati di sangue e non processate per le loro idee politiche; in secondo luogo le condanne sono state pronunciate all’esito di processi celebrati nel pieno rispetto delle garanzie difensive del nostro ordinamento”.
Per Cartabia “nessun ordinamento giuridico può permettersi che una pagina così lacerante della storia nazionale resti nell’ambiguità, e resti irrisolta. La storia offre numerosi esempi di giudizi celebrati e di vicende giudiziarie portati a compimento a molti anni di distanza. La nostra volontà di riproporre la richiesta delle estradizioni non risponde nel modo più assoluto ad una sete di vendetta, che mi è estranea, ma ad un imperioso bisogno di chiarezza, fondamento di ogni reale possibilità di rieducazione, riconciliazione e riparazione, fini ultimi e imprescindibili della pena».