Taormina: cena stellata con gli chef Enrico Bartolini e Roberto Toro
TAORMINA – Lo chef Enrico Bartolini, quattro stelle Michelin in altrettanti ristoranti in Italia e alla guida di importanti progetti gastronomici all’estero, è stato il protagonista al Belmond Grand Hotel Timeo, del terzo appuntamento de “Les Etoiles de la Gastronomie’. Enrico Bartolini è portatore di una cucina che coniuga tradizione, ricerca e qualità in perfetto equilibrio.
Les Etoiles de la Gastronomie
Sei incontri dedicati all’alta ristorazione, in cui Roberto Toro, Executive Chef del Timeo dal 2012, dopo aver deliziato i palati dei grandi della terra durante il G7 dello scorso maggio e in attesa di aprire la Settimana della Cucina Italiana a Washington, apre le porte della sua cucina a importanti personaggi del mondo enogastronomico italiano, in collaborazione con la maison di champagne Steinbrück.
Enrico, come è diventato uno Chef?
«Mio padre faceva l’artigiano nel mondo delle calzature e da ragazzino volevo seguire le sue orme, ma lui non era d’accordo. Allora iniziai a giocare in cucina e, vedendo che mi appassionava, decisi di seguire quegli studi e ho avuto fortuna!».
Come si raggiunge il successo?
«Facendo sempre un buon lavoro e con tante esperienze che ti arricchiscono. Molto deriva anche da un ottimo lavoro di squadra: in questo momento con me lavorano circa 100 persone tra vari ristoranti in Italia e all’estero e senza un forte team alle mie spalle nulla sarebbe possibile».
Cosa è cambiato nel mondo della cucina negli anni?
«Quando ho iniziato, più di 20 anni fa, esistevano i ristoranti stellati ma facevano parte di un mondo poco conosciuto e solo per pochi. Oggi le cose sono molto cambiate e l’evoluzione è stata velocissima: la comunicazione nel nostro settore ha fatto tanto e adesso molti possono permettersi il lusso di godersi un’esperienza gastronomica unica».
Questa evoluzione è un bene o un male?
«Quello che stiamo vivendo l’abbiamo voluto: non ne siamo vittime ma fautori. Oggi sono soddisfatto di quello che succede attorno alla mia attività grazie all’apertura del mondo verso la cucina: quando ho iniziato non avrei mai pensato che avrei firmato un contratto in inglese o lavorato all’estero».
Perché il mondo della cucina è a maggioranza maschile?
«Ci sono delle donne in cucina bravissime e il tocco femminile in un ristorante fa una bella differenza. Purtroppo sono poche rispetto agli uomini, credo perché questo lavoro impegna le ore dei pasti, tipicamente dedicate alla famiglia il cui nucleo si fonda culturalmente e tradizionalmente sulle donne».
Com’è la sua cucina?
«Io vorrei che fosse semplicemente buona: un piatto deve essere la somma di una buona idea, degli ottimi ingredienti e una bella presentazione con l’obiettivo di regalare piacere e trasmettere un’emozione».
Le qualità che servono per emergere?
«Umiltà, cultura e intelligenza. E sicuramente la capacità di lavorare con gli altri in squadra».
Il complimento che preferisce?
«Preferisco i complimenti ‘silenziosi’ da leggere sugli sguardi appagati dei commensali. Le parole spesso sono di circostanza, ma quando alla fine di una cena si respira un’aria di spensieratezza e convivialità, quello è il segno che gli ospiti sono stati bene».