Amiche e amici del #Tanomattinale buongiorno.
Oggi non mi occupo né di tute mimetiche, né di improprie e imprudenti dichiarazioni di guerra: è già stato dato fin troppo risalto a interpretazioni e argomentazioni belliche delle quali spero di non dovermi mai occupare nella mia vita, ci sono passati i miei nonni e i miei genitori, a me e a voi che mi leggete tocca la croce di questa ignobile e drammatica pandemia.
Apro dunque il mattinale con una notizia a mio avviso di interesse mondiale per tante ragioni: l’inizio del processo all’assassino, non può che chiamarsi così, di George Floyd, con la proiezione del filmato che mostra i drammatici 9 minuti e rotti dell’uomo a terra che disperatamente chiede aiuto con l’ormai famosa frase: “I can’t breathe”, io non respiro, mentre il ginocchio sul suo collo dell’ormai ex agente di polizia Derek Chauvin, lentamente e soprattutto brutalmente lo soffoca fino alla morte per una banconota da 20 dollari contraffatta. Immagini terribili. Un episodio che ha scioccato gli Stati Uniti e l’opinione pubblica mondiale nel mezzo della pandemia, portando alla ribalta ancora una volta l’irrisolto problema dell’eccesso di violenza da parte della polizia soprattutto verso le minoranze, con l’accusa frequente di razzismo.Racconta l’ANSA da New York: “L’America chiede giustizia, il mondo intero ci sta guardando”, ha affermato Benjamin Crump, uno degli avvocati che rappresentano la famiglia di George Floyd. “Questo assassinio non è un caso difficile da giudicare”, ha detto il legale parlando prima dell’avvio del processo, riferendosi alle immagini in cui Chauvin soffoca Floyd col ginocchio, nonostante questi implorasse di mollare la presa.Il processo per la morte di George Floyd, che dovrebbe concludersi entro un mese, è un vero e proprio “referendum sulla giustizia americana”, per vedere se negli Stati Uniti possano essere garantiti “giustizia e uguaglianza per tutti”, hanno affermato poco prima dell’avvio del processo i legali della famiglia dell’afroamericano. Ma è anche una battaglia di valore universale e un test importante per capire meglio quale clima si respira nell’America di Joe Biden.
Se non ci fosse stato il processo Floyd, avrei aperto il vaccinale con la notizia, per me tristissima, della morte a quanto pare per un infarto improvviso della dottoressa Emma Pulvirenti, 63 anni, responsabile fino a ieri dell’hub, il centro vaccinale più importante di Catania, l’ex mercato ortofrutticolo di San Giuseppe La Rena. Mi associo all’indignazione social di alcuni bravi colleghi per l’improprio e fuorviante inserimento, in alcuni titoli sul questa notizia, della parola “vaccini”, facendo immaginare ai lettori un collegamento che non esiste: ennesimo esempio di pessimo giornalismo. Ciò detto, personalmente unisco il nome della dottoressa Emma a quelli dei 344 medici che fino a ieri hanno perso nella vita nella lotta alla pandemia: anche se il suo è stato atroce destino, mi sembra evidente che l’impegno imponente, le responsabilità, l’abnegazione nel lavoro hanno contribuito a condizioni di stress ideali per un infarto. Onore dunque a lei e a tutto il personale medico e paramedico che ogni giorno rischia la vita sul fronte del Coviddi.
Da Catania a Palermo, per una storiaccia nel “caldo” quartiere dello Zen 2, dove la polizia ha fermato quattro persone – un vero e proprio “gruppo paramilitare” secondo gli investigatori – ritenute responsabili della sparatoria di martedì scorso. A rimanere feriti furono Giuseppe Colombo e i figli Antonino e Fabrizio. Per quell’episodio subito dopo l’agguato erano stati fermati i fratelli Letterio e Pietro Maranzano, a cui si sono aggiunti ieri mattina Giovanni Cefali, 62 anni, Nicolò Cefali, 24 anni, Vincenzo Maranzano, 49 anni, e Attanasio Fava, 37 anni. A tutti e quattro viene contestata anche l’aggravante mafiosa.Fondamentale per arrivare ai fermi è stata la testimonianza di una donna che ha permesso di mettere fine alla guerra che si era scatenata tra due clan familiari per affermare il potere mafioso nella zona. Dopo l’arresto di Giuseppe Cusimano, ritenuto il nuovo boss del quartiere, la convivenza tra i due gruppi sarebbe diventata impossibile, fino all’epilogo che non si è trasformato in una strage solo per alcune coincidenze. Mentre i Maranzano preparavano il raid contro i Colombo, la donna ha chiamato il 112 e ha raccontato quello che stava per accadere implorando le forze dell’ordine di intervenire. “Vi prego, stanno per succedere cose gravissime allo Zen”. Senza questa telefonata, insomma, avremmo a quanto pare raccontato una nuova strage mafiosa, a conferma che le organizzazioni criminali continuano a fare le loro cose mentre la pandemia si prende tutta la scena.
Chiudo con poche parole sul Coviddi. Mentre abbiamo visto tutti in tv le incredibili scene di ressa e pericoloso assembramento davanti al nuovo “hub” di Genova, che fanno riflettere sugli ancora gravi problemi organizzativi nel nostro Paese, colpisce il gioco delle parti tra il premier Draghi e il ministro della salute al vertice delle Regioni, che ci illumina ancora una volta sui difficilissimi equilibri interni del Governo di cosiddetta unità nazionale.Il bastone lo ha usato Roberto Speranza: “Ora va usata prudenza, sono i numeri dei decessi. Con 3.721 posti letto in terapia intensiva occupati non possiamo fare un passo troppo lungo”.
La carota, quasi a rassicurare le Regioni, soprattutto quelle governate dalla destra, l’ha offerta invece Mario Draghi, che si è detto favorevole a ‘un tagliando del decreto’: “Occorre ridare speranza al Paese, pensando a programmare e alle riaperture – ha detto -. Bisogna cominciare ad aver di nuovo il ‘gusto del futuro’. Bisogna uscire da questa situazione di inattività”. Dura la vita per chi non deve scontentare nessuno tra tanti partner certamente molto poco affini. Ma il nostro Super Tutto è uno abituato a navigare nella tempesta.
Buona giornata cari amici.
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Pubblicato da Gaetano Perricone su Lunedì 29 marzo 2021
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