Amiche e amici del #Tanomattinale buon giorno.
Guerra Russia-Ucraina giorno 62. Se anche le parole, come io credo, hanno un peso nella situazione sempre più drammatica nel cuore dell’Europa, oggi ci svegliamo con ancora più paura. Anche perché, sul campo di battaglia, la notizia delle esplosioni contro il ministero in Trasnistria, enclave russa in Moldavia, quella degli attacchi russi alle stazioni ferroviarie per fermare il trasporto di armi e l’altra dell’attacco non chiaro a depositi di carburanti in Russia confermano la sensazione di una pericolosissima escalation. Le parole, dicevo. Per il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, la terza guerra mondiale è un pericolo “reale” anche se l’ipotesi di un conflitto nucleare è inaccettabile. In un’intervista al programma Bolshaya Igra (The Great Game) sul canale televisivo di stato Channel One, Lavrov ha accusato la Nato di entrare in una guerra per procura con Mosca attraverso la fornitura di armi all’Ucraina. Decisione rischiosa, avverte il capo della diplomazia di Mosca, perché si ritorcerà contro l’Occidente che vedrà diffondersi quelle stesse armi nei Paesi da cui provengono. Sull’uso di testate nucleari, Lavrov ha ricordato che a gennaio i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno rilasciato una dichiarazione sull’inammissibilità di una guerra di questo tipo.
“Questa è la nostra posizione di principio, – ha sottolineato – siamo guidati da questo, e ovviamente non vorrei vedere questi rischi gonfiati artificialmente ora, quando i rischi sono piuttosto significativi”. I negoziati con l’Ucraina andranno avanti: “Continuiamo ancora a tenere colloqui con il team presentato da Zelensky. Questi contatti continueranno”. Ma, ha detto ancora Lavrov: “La buona volontà ha i suoi limiti. E se non è reciproca questo non contribuirà al processo negoziale”. Il ministro degli esteri russo ha comunque accusato Zelensky “di fingere” di negoziare, alludendo al suo passato sul palcoscenico. “E’ un buon attore” ma, ha sottolineato, a un’attenta osservazione delle sue parole “emergeranno mille contraddizioni”. Poi un po’ d’acqua sul fuoco: “Tutto finirà certamente con la firma di un accordo”, i cui parametri, tuttavia, “saranno definiti dallo stato delle conquiste sul campo. Forti e come sempre potenti le parole del presidente della repubblica Sergio Mattarella ad Acerra, in occasione delle celebrazioni del 77esimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo: “La Resistenza contro il nazifascismo contribuì a risollevare l’immagine e a recuperare il prestigio del nostro Paese. Fu a nome di questa Italia che Alcide De Gasperi poté presentarsi a testa alta alla Conferenza di pace di Parigi.
Questo riscatto, il sangue versato, questo ritrovato onore nazionale lo celebriamo oggi, insieme a tutta l’Italia, qui ad Acerra. Oggi, in questa imprevedibile e drammatica stagione che stiamo attraversando in Europa, il valore della Resistenza all’aggressione, all’odio, alle stragi, alla barbarie contro i civili supera i suoi stessi limiti temporali e geografici. Nelle prime ore del mattino dello scorso 24 febbraio siamo stati tutti raggiunti dalla notizia che le Forze armate della Federazione Russa avevano invaso l’Ucraina, entrando nel suo territorio da molti punti diversi, in direzione di Kiev, di Karkiv, di Donetsk, di Mariupol, di Odessa. Come tutti, quel giorno, ho avvertito un pesante senso di allarme, di tristezza, di indignazione. A questi sentimenti si è subito affiancato il pensiero agli ucraini svegliati dalle bombe e dal rumore dei carri armati. E, pensando a loro, mi sono venute in mente – come alla senatrice Liliana Segre – le parole: “Questa mattina mi sono svegliato e ho trovato l’invasor”. Sappiamo tutti da dove sono tratte queste parole. Sono le prime di “Bella ciao”. Questo tornare indietro della storia rappresenta un pericolo non soltanto per l’Ucraina ma per tutti gli europei, per l’intera comunità internazionale. Come tre giorni fa ho sottolineato davanti alle Associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma, avvertiamo l’esigenza di fermare subito, con determinazione, questa deriva di guerra prima che possa ulteriormente disarticolare la convivenza internazionale, prima che possa drammaticamente estendersi. Questo è il percorso per la pace, per ripristinarla; perché possa tornare ad essere il cardine della vita d’Europa. Per questo diciamo convintamente: viva la libertà, ovunque. Particolarmente dove viene minacciata o conculcata”. Niente da aggiungere.
Ancora annunci di corridoi umanitari a Mariupol subito smentiti, propaganda e contropropaganda. Annunciava con molta retorica ieri alle 14,03 la Tass, agenzia di stampa ufficiale russa: “La Russia ha sospeso le sue attività militari intorno all’acciaieria Azovstal nella città di Mariuol, in Ucraina, in un gesto di buona volontà per garantire l’evacuazione sicura dei civili, ha affermato lunedì il viceministro degli Esteri russo Andrey Rudenko. “Abbiamo appena annunciato l’interruzione delle attività di combattimento nelle vicinanze dello stabilimento Azovstal di Mariupol per consentire ai civili rimasti un’uscita sicura dalla zona di combattimento”, ha detto Rudenko ai giornalisti. “Questo è un grande gesto di buona volontà da parte nostra” … Le truppe russe e le forze della Repubblica popolare di Donetsk (DPR) sospenderanno le ostilità alle 14:00 per fornire ai civili che potrebbero essere intrappolati nel complesso siderurgico Azovstal nella città di Mariupol la possibilità di uscire dalla struttura, aveva dettio in precedenza il Capo del Centro di gestione della difesa nazionale russo Mikhail Mizintsev.
Secondo lui, le autorità russe stanno dichiarando ancora una volta un corridoio umanitario da Azovstal, aperto 24 ore su 24 per 36 giorni per l’evacuazione di civili, lavoratori, donne e bambini intrappolati nella struttura. “Guidati da idee puramente umanitarie, le forze armate russe e le forze della Repubblica popolare di Donetsk sospenderanno le ostilità alle 14:00 del 25 aprile, ritirandosi a distanza di sicurezza, al fine di consentire a questi individui di uscire in qualsiasi direzione che scelgono”, ha affermato Mizintsev, che dirige il centro di coordinamento inter-agenzie della Russia per la risposta umanitaria in Ucraina. Ha sottolineato che non vi sono ostacoli all’uscita dei civili da Azovstal, fatta eccezione per la decisione di utilizzare i civili come scudi umani, presa dalle autorità di Kiev e dai comandanti delle unità nazionaliste”. Subito dopo, dall’Ansa, la risposta di Kiev: “I corridoi umanitari si aprono in base agli accordi delle due parti. Il corridoio, annunciato unilateralmente, non fornisce sicurezza e quindi, di fatto, non è un corridoio umanitario.
Quindi, dichiaro ufficialmente e pubblicamente: non ci sono accordi sui corridoi umanitari da Azovstal oggi, purtroppo”, ha detto la vicepremier di Kiev, Iryna Vereschuk, su Telegram. “Oggi, la parte russa – ha precisato la vicepremier di Kiev – ha annunciato ancora una volta l’esistenza di un corridoio per il ritiro dei civili da Azovstal ma si potrebbe credere” a un simile annuncio solo se “i russi non avessero interrotto i corridoi umanitari molte volte prima d’ora. So quello che sto dicendo perché a nome del Presidente conduco personalmente tali negoziati e organizzo corridoi umanitari”.Ancora sulla Tass, una nota che toglie ogni speranza di tregua: “La Russia al momento non crede che un cessate il fuoco sia una possibilità in Ucraina, perché Kiev non usa i corridoi umanitari, ha detto lunedì ai media il primo vice ambasciatore russo alle Nazioni Unite Dmitry Polyansky.
“C’era una richiesta di cessate il fuoco. Abbiamo aperto corridoi umanitari, che non vengono utilizzati dall’Ucraina. Non pensiamo che il cessate il fuoco sia un’opzione in questo momento, perché l’unico vantaggio che darà sarà un’opportunità per le forze ucraine di riorganizzarsi. Per mettere in scena altre provocazioni come Bucha”, ha detto. “Non vedo alcun motivo [per un cessate il fuoco]”.Oggi il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres tenta, come gli impone il suo ruolo, la “mission impossibile” a Mosca di chiedere a Putin il cessate il fuoco. Ieri l’incontro con Erdogan, ecco il comunicato estremamente vago dell’Onu: Il segretario generale Antonio Guterres ha incontrato S.E. Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia. Il segretario generale ha espresso il suo sostegno agli sforzi diplomatici in corso della Turchia in relazione alla guerra in Ucraina.
Lui e il presidente Erdoğan hanno riaffermato che il loro obiettivo comune è quello di porre fine alla guerra il più presto possibile e di creare le condizioni per porre fine alle sofferenze dei civili. Hanno sottolineato l’urgente necessità di un accesso efficace attraverso corridoi umanitari per evacuare i civili e fornire l’assistenza tanto necessaria alle comunità colpite. Il presidente e il segretario generale hanno concordato di rimanere in contatto per seguire le iniziative in corso. Hanno anche discusso l’impatto della guerra in Ucraina su questioni regionali e globali, tra cui energia, cibo e finanza”. Aria fritta, mi viene da dire in linguaggio giornalistico. Soprattutto se paragonata alle parole di fuoco del dittatore invasore russo nella riunione allargata di ieri del Consiglio dell’ufficio del procuratore generale, che non lasciano spazio a speranze di pace.
Eccole le parole di Putin, dal sito del Cremlino: “Con nostra sorpresa, diplomatici di alto rango in Europa e negli Stati Uniti stanno esortando i loro satelliti ucraini a utilizzare le loro risorse per vincere sul campo di battaglia. I nostri partner negli Stati Uniti stanno usando una diplomazia così strana: i diplomatici lo chiedono persino. Ma quando si rendono conto che ciò è impossibile, cercano invece di raggiungere un obiettivo diverso: dividere la società russa, distruggere la Russia dall’interno. Ma anche qui c’è un intoppo; anche questo non ha funzionato. La nostra società ha mostrato maturità e solidarietà; sostiene le nostre forze armate e sostiene i nostri sforzi per garantire la massima sicurezza della Russia e aiutare le persone che vivono nel Donbass”.
E intanto, da Ukrinform, agenzia di stampa ucraina, le ultime cifre ufficiali della guerra. “Da quando la Russia ha iniziato la sua invasione su vasta scala in Ucraina, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha registrato 5.718 vittime civili nel paese: 2.665 morti e 3.053 feriti. Lo riferisce Ukrinform con riferimento ai dati forniti dall’OHCHR sul suo sito web il 25 aprile. In particolare, tra le vittime ci sono 855 uomini, 563 donne, 59 ragazze e 69 ragazzi, oltre a 67 bambini e 1.052 adulti il cui sesso è ancora sconosciuto. I feriti includono 355 uomini, 284 donne, 64 ragazze e 71 ragazzi, oltre a 161 bambini e 2.118 adulti il cui sesso è ancora sconosciuto. Si noti che la maggior parte delle vittime civili registrate sono state causate dall’uso di armi esplosive con un’ampia area di impatto, compresi i bombardamenti di artiglieria pesante e sistemi di lancio multiplo di razzi, missili e attacchi aerei. “OHCHR ritiene che le cifre effettive siano considerevolmente più elevate, poiché la ricezione di informazioni da alcuni luoghi in cui sono in corso intense ostilità è stata ritardata e molti rapporti sono ancora in attesa di conferma. Ciò riguarda, ad esempio, Mariupol (regione di Donetsk), Izium (regione di Kharkiv) e Popasna (regione di Luhansk), dove si affermano numerose vittime civili. Queste cifre vengono ulteriormente confermate e non sono incluse nelle statistiche di cui sopra”, afferma il rapporto.
E ora vi porto in Cina per parlare di Coviddi e di quanto sta accadendo nelle città più importanti. Dopo le immagini incredibili che stiamo vedendo in queste ore, parliamo delle nuove paure cinesi per il Sars-COV 2. Come ci racconta l’Ansa, il timore di un imminente lockdown per la nuova ondata – almeno secondo i parametri e le strategie cinesi – di Covid-19 hanno scatenato gli acquisti a Pechino, generando code lunghissime sia ai supermercati sia davanti ai centri provvisori per i test di massa decisi dalle autorità sanitarie e concentrati a Chaoyang, distretto centrale della capitale cinese. Shanghai, quasi interamente bloccata da settimane, ha reso noto di aver registrato domenica 51 nuovi decessi, mentre Pechino ha aggiornato il conto dei contagi con altri 14 casi, portando il totale a 55 nel conteggio dal 22 aprile. Cifre che, anche considerata la popolazione (23 milioni a Pechino, 26 a Shangai), sono assolutamente irrilevanti: gli ultimi dati italiani di ieri, 25 aprile, parlano di 24.878 casi e 93 morti, tasso di positività al 17,9%. Ma le strategie cinesi sono altre, quelle del contagio zero, dell’isolamento totale, delle gravissime punizioni achi sgarra. Dunque nel pieno lockdown di Shanghai, sale ora l’allarme Covid a Pechino: tutte le persone che risiedono e lavorano nel distretto di Chaoyang da ieri sono sottoposte a test, poi mercoledì e venerdì. Lo riferisce il network statale CCTV, in merito alle decisioni delle autorità sanitarie dopo che la città di oltre 23 milioni di abitanti ha visto un balzo di casi locali focalizzati a Chaoyang. “I risultati epidemiologici preliminari hanno mostrato che il virus è rimasto ignorato per una settimana”, hanno riferito le autorità. Da marzo, la Cina sta affrontando un’ondata dell’epidemia che colpisce in varia misura quasi tutto il Paese, e sta cercando di superarlo con la sua strategia zero Covid.
La strategia consiste in un contenimento localizzato non appena appaiono alcuni casi e in test massicci per identificare e isolare rapidamente le persone contaminate. La Cina assicura che non si rilasserà nella lotta al Covid-19, bloccando l’avanzata della variante Omicron: il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, in risposta a una domanda sui timori di lockdown a Pechino simile a quello draconiano di Shanghai, ha replicato che “di fronte alla variante Omicron, la Cina non cederà, ma avanzerà nella guerra per bloccare Omicron”. Pur riconoscendo l’impatto sull’economia, Wang ha rimarcato gli sforzi anti-epidemici del governo, sottolineando che già con la variante Delta la Cina aveva ottenuto “risultati notevoli. Vinceremo sicuramente e daremo maggiori contributi al mondo”. Tutto ok, ma una domanda sorge spontanea: non è che anche stavolta i cinesi, presi di nuovo da frenesia anti-Covid, ci stanno nascondendo qualcosa?
Chiudo con una tragedia che ieri sera mi ha scosso tremendamente. Un bambino di 10 anni di Catania è morto dopo una caduta sugli scogli avvenuta mentre stava passeggiando lungo un costone roccioso a ridosso del mare nella zona di Costa Saracena, sul litorale di Augusta, nel Siracusano. Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, la famiglia del piccolo aveva deciso di trascorrere la giornata festiva in una villa della zona. Dopo il pranzo il bimbo avrebbe deciso di fare una piccola escursione ma mentre passeggiava avrebbe perso l’equilibro e sarebbe scivolato. Inutili i soccorsi scattati subito dopo l’allarme. La Procura di Siracusa ha deciso di non eseguire l’autopsia.
E’ tutto anche per oggi, la guerra ci fa ancora più paura. Buona giornata (le foto dal web)
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