Tanomattinale

Tanomattinale 25 settembre 2021: ipotesi matricida per la vigilessa di Temù; le due ministre e il femminicidio

Amiche e amici del #Tanomattinale buon giorno da Padova.
Se il femminicidio è anche matricidio, per ragioni di soldi, l’orrore è ancora più grande. Sembra dunque il festival dell’orrore la storia con cui apro oggi la mia rubrica.
Omicidio volontario, aggravato dalla parentela con la vittima e occultamento di cadavere. Queste due delle accuse a carico di due delle tre figlie di Laura Ziliani e del fidanzato della figlia maggiore della donna, arrestati ieri dai carabinieri. Silvia e Paola Zani, 27 e 19 anni -che ricordo piangenti in tv subito dopo la scoperta del cadavere della madre – e Mirto Milani, residente quest’ultimo in provincia di Lecco, sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Brescia.


L’ex vigilessa di Temù, nel Bresciano, era scomparsa l’8 maggio scorso, il corpo era stato ritrovato solo tre mesi più tardi. Il movente del delitto sarebbe di natura economica. Le indagini hanno evidenziato numerose anomalie nel racconto fornito dai tre arrestati. Per questo la versione del malore in montagna o dell’infortunio era stata ritenuta poco credibile da carabinieri e Procura. Così a fine giugno, le due figlie e il fidanzato della più grande, sulla base delle preliminari risultanze investigative, erano stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dalla relazione di parentela con la vittima, e di occultamento di cadavere.


“Il proposito omicidiario è il frutto di una lunga premeditazione e di un piano criminoso che ha consentito loro di celare per lungo tempo la morte e di depistare le indagini”. Lo scrive il gip Alessandra Sabatucci (fonte ANSA) nell’ordinanza di custodia cautelare di due delle tre figlie di Laura Ziliani e del fidanzato della maggiore. Secondo gli inquirenti il movente sarebbe chiaramente di natura economica: “I tre indagati avevano un chiaro interesse a sostituirsi a Laura Ziliani nell’amministrazione di un vasto patrimonio immobiliare al fine di risolvere i rispettivi problemi economici”. “Siamo davanti ad un quadro indiziario. Quattro mesi e mezzo di investigazioni serrate hanno portato però a ribaltare la versione originaria quella della scomparsa e della morte naturale”, ha detto il procuratore capo di Brescia Francesco Prete, commentando gli arresti delle due figlie di Laura Ziliani e del fidanzato della maggiore. “Naturalmente il condizionale si impone nel senso che non abbiamo alcuna certezza. La nostra è un’ipotesi che al momento riteniamo fondata grazie anche al contributo che ha dato l’Istituto di medicina legale di Brescia che ha individuato delle tracce di sostanze che probabilmente hanno determinato la causa della morte o contribuito alla sua determinazione” ha aggiunto il procuratore. Nel corpo di Laura Ziliani sono state trovate tracce di benzodiazepine.


La terribile storia la scosso profondamente la comunità di Temù: “La comunità di Temù è scossa perché questo è un atto doloroso e consumato all’interno della famiglia – ha detto il sindaco Giuseppe Pasina – Tutti aspettavano che si risolvesse questo caso, non volevamo che passasse in sordina. La comunità ha insistito per sapere. Ora mi auguro che la giustizia faccia pagare i costi alle figlie, se davvero sono state loro a uccidere Laura, e che pignorino il loro patrimonio”.
Sui femminicidi qualcosa sembra muoversi, intervengono due ministre del Governo Draghi. Dice Luciana Lamorgese, titolare degli Interni: “Bisogna ripensare le misure di prevenzione, con l’estensione mirata dell’arresto obbligatorio in flagranza, l’introduzione di una specifica disciplina sul fermo dell’indiziato, mentre la tutela delle vittime potrebbe avvalersi di un indennizzo più sostanzioso da attribuire”.
Un crimine “odioso”, una “vera e propria piaga sociale”, con numeri “incredibili e drammatici nei soli mesi di agosto e settembre di quest’anno: 11 donne uccise, 8 per mano del coniuge o comunque di persona legata alla vittima da una relazione affettiva”. Così Luciana Lamorgese ha inquadrato il femminicidio nel corso di un convegno alla Camera. Nel periodo 1 gennaio-19 settembre 2021 – indicano i dati del Dipartimento della Pubblica sicurezza – sono stati registrati 206 omicidi, con 86 vittime donne (+1 rispetto allo stesso periodo del 2020), di cui 73 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 52 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Nel 2020 gli omicidi volontari ai danni di donne sono stati 116, cinque in più rispetto al 2019.


Per Maria Stella Gelmini, ministra degli Affari Regionali, “c’è la necessità di predisporre una più efficace rete di protezione attorno alle donne che scelgono di denunciare la violenza, che al contempo costituirebbe pure un incentivo a portare alla luce episodi troppo spesso taciuti”. E’ dunque necessario estendere anche alle donne che denunciano le violenze la norma di protezione prevista per i testimoni di giustizia. La cronaca, anche recente, abbonda di donne che hanno subito violenza, o peggio uccise, dopo aver denunciato” dice Gelmini, che poi aggiunge: “Tutto ciò rende necessario valutare una forma di potenziamento ed estensione dell’attuale dispositivo, imperniato sui centri anti-violenza e sulle case rifugio, con misure volte ad assimilare, in quanto compatibile, la tutela delle donne che denunciano a quelle dei testimoni di giustizia”. E’ necessario, conclude, “lavorare per valutare alle donne che denunciano l’estensione delle misure economiche, abitative e di protezione previste dalla legge”. Speriamo che alla parole seguano i fatti, molto presto.


E’ tutto, buona giornata

Gaetano Perricone

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